La nomina di Scola a Milano: e il Vaticano sventola Balena bianca
Settimanale gli Altri venerdì 15 luglio 2011
di Aurelio Mancuso
La sconfitta dei cattolici democratici con la nomina papale del patriarca di Venezia Angelo Scola ad arcivescovo di Milano è del tutto evidente ed è solamente l’ultima di una lunga lista che attraversa gli ultimi trent’anni di storia della chiesa italiana e universale. Indifferente a qualsiasi indicazione pervenuta dal popolo di Dio meneghino, dallo stesso clero, Ratzinger ha inferto un altro colpo mortale alle illusorie volontà degli ambienti progressisti cattolici italiani di mantenere perlomeno a Milano un punto di riferimento pastorale e teologico, contraltare del revisionismo distruttivo del Concilio Vaticano II. Troppo deboli nei numeri, soprattutto dentro il collegio cardinalizio e nella Cei, gli sparuti e intimoriti esponenti di quel cattolicesimo che ha creduto che la chiesa sarebbe stata profondamente mutata dal post Concilio, instradata verso un percorso, seppur contradditorio e complicato, di rinnovamento spirituale e soprattutto strutturale, subiscano silenti il loro incubo. Angelo Scola a settembre potrà trionfalmente tornare nella diocesi più grande del mondo, sicuramente la più importante nella cristianità europea, dopo aver subito nel passato cogenti umiliazioni, a causa della sua eccessiva adesione a Comunione e Liberazione, alla bonomia dimostrata nei confronti di un moloch ramificato in tutti i posti che contano, dalle strutture ecclesiali all’economia. I cattolici democratici continuano ad esistere e a resistere, certamente nel popolo di Dio possono contare di un diffuso consenso, proprio sui temi del rinnovamento e di una maggiore sintonia della chiesa rispetto al tempo odierno, ma somigliano sempre più a dei carbonari, schiacciati dalla potenza di una volontà precisa papale e dai propri timori e omissioni. Con la conquista di Milano non si chiude un cerchio, non si sgretolano le mura del più prestigioso fortino democratico cattolico, si avvia una nuova e sempre eterna campagna di normalizzazione vaticana, che non lascia spazi al dubbio. S’illudono i politici milanesi e italiani del centrosinistra, quando con modalità goffe e che tradiscono la preoccupazione, tessono lodi al nuovo arcivescovo di Milano, sottolineando la sua vocazione al dialogo, in particolare tra occidente e oriente, tra cristiani e islamici. Nessun ruffiano della corte politica fermerà l’interventismo morale dell’alto prelato, che anche sul tema del dialogo interculturale, ha una visione precisa e non ipocrita: è necessaria un’alleanza di ferro tra le grandi culture religiose monoteiste per contrastare la deriva secolare e immorale del mondo. E’ la concretizzazione del sogno del papa polacco, che più incertezza s’intravede con il papa tedesco, incapace rispetto al suo predecessore di uscire dal rifugio della primazia cattolica, rischiando così di rendere la presenza pubblica e la capacità comunicativa inconsistenti. Scola no, non ha incertezze e la prossima mossa, che probabilmente vedremo tra qualche tempo, sarà quella di avviare una normalizzazione della Curia ambrosiana, per poi procedere per proclamazioni pubbliche contro la decadenza dei costumi nella società moderna. Non semplicemente un megafono del piccolo e anacronistico stato Vaticano, Scola sarà un granitico arcivescovo reazionario, che seppur per pochi anni (tra cinque anni raggiungerà la soglia fatidica dei 75 anni) riuscirà a devastare quel poco di modesta volontà di ascoltare il mondo che ancora circolava in Italia. Da quel si capisce dentro i palazzi di Oltre Tevere, nonostante il conflitto Bertone Bagnasco, il potere sempre presente di Ruini, che da cardinale “in pensione” non ha comunque perso influenza e prestigio dentro la gerarchia, le mosse del silente, quanto operoso monsignor Fisichella, la corte prosegue nella sua lenta e inesorabile determinazione di ricondurre al papa il controllo effettivo del potere temporale e spirituale. In tutto questo i cattolici democratici, rifugiati o meglio imboscati, nelle parrocchie, nelle fondazioni, nei pochi vertici dell’associazionismo cattolico che ancora guidano, non trovano di meglio che praticare il silenzio interessato, la difesa di rendite ormai fatue, guardando con disincanto lo scisma in corso, tra popolo di Dio e gerarchie. Le cifre forse non sono così allarmanti per i servi, qualcuna è ben compensata dai paesi non europei, ma lo svuotamento delle chiese è visibile anche agli annebbiati, la riduzione delle offerte sempre più vasta, gli scandali sessuali e di crisi morale estesi in tutto il globo. E non si pensi che l’entrata in crisi del potere berlusconiano trovi impreparati vescovi, cardinali, strutture cattoliche. Il riposizionamento è già in atto e non riguarda per nulla il centro sinistra, ma la possibilità di impedire il Big Bang del centro destra, attraverso una sapiente operazione di riavvicinamento di Casini e Fini a un Pdl a conduzione Alfano, Letta. Quella riedizione della DC tanto inseguita da Ruini, e che non è detto riesca nel prossimo futuro. Altro che i commoventi tentativi dei vari esponenti del cattolicesimo democratico all’interno dei partiti del centro sinistra, di non urtare le sensibilità vaticane sui diritti civili e le libertà. Il cattolicesimo democratico o è laico, geloso dell’autonomia reciproca tra Stato e Chiesa, o ha un pensiero anche sulla presenza religiosa nel tempo odierno, quindi, di rottura con le corti e le processioni dorate e ingioiellate, oppure si merita Angelo Scola a Milano.
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