“Se non ora, quando”, pensa solo alla maternità?

Di Aurelio Mancuso

La sinistra, il sesso, i corpi seminudi, la mercificazione, il dibattito cresce, le posizioni s’inaspriscono, le “ronde” di “Se non ora quando” aumentano. In questa bislacca estate, tra un governo che c’è e non c’è, le ferie che traballano per milioni d’italiani, spuntano qua e là nel suolo italico reprimende da parte di gruppi di donne o di sindacati in difesa della dignità delle donne e del pubblico decoro. Dopo la ridicola querelle delle vetrine animate del Coin di Milano, ci si è spostati nel ravennate, precisamente a Campiano, dove le donne della rete di “Se non ora quando” e quelle del PD, si sono scagliate contro una serata di spogliarello organizzata da un’associazione di motociclisti all’interno della festa del partito locale. Mugugni, parole di fuoco, non hanno fermato l’esibizione che alla fine ha raddoppiato l’offerta facendo denudare anche un maschio, tal Vichingo con un passato di breve apparizione al Grande Fratello. Come nella migliore commedia all’italiana, la festa del PD trova spazio su un terreno della parrocchia, che non sembra aver avanzato rimostranze per lo spogliarello, niente di più di ciò che accade sulle televisioni italiane: corpi maschili e femminili che tentano di accennare passi di danza, sculettamenti e ansimate, seni, gambe, bicipiti e mezzi culi ostentati, fino alla goffa conclusione. Tanto rumore per nulla? Senza attaccare anche in questo caso un bel pippone agli schieramenti contrapposti, sarà facile rilevare che tutta quest’attenzione sull’ostensione dei corpi lascivi, fa percepire gli organizzatori  come i soliti maschi ingrifati a cui pochi neuroni collegati non consentono di prevedere intrattenimenti dove non sia necessario il voyeurismo,  le donne PD e di “Se non ora quando” come datate e anche moraliste. Entrambe gli schieramenti usano un linguaggio drammaticamente superficiale, che incentra la propria difesa sulla “dignità della donna”. Quella dignità imprigionata dalle teoriche nazionali della rete delle donne nata il 13 febbraio, come elemento costitutivo di un logotipo femminile destinato alla cura soprattutto degli altri, incardinato nel ruolo centrale della maternità. Una maternità giustamente rivendicata e collegata alla precarietà lavorativa, che da una parte genera la paura di avere bambini senza un reddito certo su cui contare e servizi sociali insufficienti, e dall’altra è usata dai datori di lavoro come spada di Damocle. L’insistere con la teorizzazione del corpo femminile come portatore di vita, quindi, anche superiore a quello maschile, consegna questo interessante nuovo movimento delle donne a tre devastanti rischi: il moralismo, la santificazione, all’antisensualismo. A ben vedere tutti concetti fondanti della costruzione dell’immaginario femminile del cattolicesimo clericale e delle altre visioni estremiste delle grandi religioni monoteiste, tutte governate da schiere di maschi che usano da millenni il proprio potere per escludere le donne. Paradossalmente i maschi motorizzati e le donne indignate condividono un altro assunto teorico: mai le nostre madri e le nostre sorelle potrebbero salire su quel palco desnude! Quel coprire, santificare, porre l’accento che la gran parte delle donne non sono come le veline e le spogliarelliste, fa precipitare il pensiero nella negazione della sensualità, delle sessualità, dell’autodeterminazione dei corpi. Il corpo non è merce? Quindi, la merce deve coprirlo, nasconderlo, al limite farlo percepire solamente quando è al servizio della riproduzione. Quando ci s’imbatte nel mito della Madre Terra, delle dee e simili, che nei millenni  ne hanno raccolto il testimone, da Gea a Iside fino a giungere a Maria, s’incontra un assunto uni sessuale, dove alla funzione essenziale della maternità (persino della partogenesi) si collega la mitezza, la sottomissione, in contrapposizione delle figure divine femminili della seduzione e della sapienza, o troppo stupide e pasticcione, o con un brutto carattere. Insomma niente di nuovo. Saremo, spero tutte e tutti d’accordo, che un conto è promuovere politiche, oggi inesistenti, che consentano la libertà di diventare madri (e padri), altro è affermare che la nostra società ha bisogno di più figli. Di figli il nostro mondo non ha bisogno, poiché siamo vicini alla soglia dei sette miliardi di umani, cifra che rapidamente sta consumando tutto quel poco che rimane delle risorse, salvo che anche tra di noi, passi strisciante il pensiero che l’Occidente ha bisogno di più figli. Ma questo sappiamo come si chiama, no? Tornando alle costumanze femminili e maschili, in questa estate capricciosa e gravida di ansie, una parola di meno sulla dignità delle donne e una riflessione in più sulle libertà non guasterebbe per nulla.

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