In Danimarca matrimoni gay in chiesa, in Italia immersi nella clandestinità
E’ di oggi la notizia che in Danimarca, primo paese al mondo che nel 1989 autorizzò le unioni civili fra gay, si appresta a riconoscere il matrimonio fra persone omosessuali anche nella Chiesa luterana di Stato. Infatti, il governo ha deciso che i gay e le lesbiche debbano poter celebrare il matrimonio come tutti gli altri e che possano essere definiti sposi. Per questa ragione il ministero che si occupa della chiesa ha annunciato la presentazione della proposta di legge in Parlamento che prevede, che tutte le persone appartenenti alla Chiesa nazionale danese devono avere la possibilità di essere sposati in Chiesa, senza tenere conto de loro orientamento sessuale. Già dal 1997 la Chiesa luterana benedice le coppie gay, ma non ha mai celebrato un matrimonio. Si prevede che entro l’estate si possano tenere le prime cerimonie. Forse è inutile lamentarsi, ma è bene ricordare che invece in Italia siamo sul riconoscimento delle copie gay siamo ancora alla preistoria, senza che niente sembra mutare. Certo tantissime copie gay e lesbiche in questi ultimi anni hanno deciso di unirsi o di sposarsi all’estero, con persone residenti negli Stati europei e Occidentali che lo prevedono, o anche se entrambe residenti in Italia, almeno per dare una certa ufficialità, seppur ininfluente dal punto di vista legale, alla loro storia d’amore. Moltissime sono le coppie che si uniscono in cerimonie, con tanto d’invitati, torta, book fotografico, in Italia, tante di queste anche unite da celebrazioni religiose, perlopiù protestanti, o da sacerdoti cattolici appartenenti al dissenso. Niente di legale, nulla di comprensivo di acquisizione concreta di diritti e doveri previsti dalla legge per i matrimoni eterosessuali. Insomma siamo ridotti all’invisibilità e alla clandestinità giuridica, senza che nessun partito, e una buona fetta dell’intellettualità, dell’opinione pubblica italiana s’interessi al tema. E negli ultimi anni si è evidentemente tornati indietro. Su tutto questo non si è ancora aperta una seria riflessione.
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