Calabria Ora: Mancuso (Equality Italia) “Qui c’è ancora chiusura”

Curiosando nel suo sito web scopri che ha dichiarato la propria omosessualità attraverso le colonne di un quotidiano. I diritti civili, per lui, hanno la priorità. Su tutto. E non è certo un caso che Aurelio Mancuso sia fondatore e presidente di Equality Italia, la rete trasversale che ruota attorno a quelle tematiche a lui tanto care. Così come non lo è che sia stato al vertice, per diversi anni, dell’Arcigay nazionale. E’ un giornalista e un politico. Come se non bastasse, poi, è anche un attivista: il “paladino”, se vogliamo, di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. La persona ideale, insomma, alla quale porre una serie di domande sull’omosessualità nel ventunesimo secolo.

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E’ di pochi giorni fa la notizia che il vescovo di Ragusa ha auspicato il riconoscimento delle unioni gay: quanti Paolo Urso servirebbero per cambiare la nostra terra? E quanto è indietro l’Italia rispetto al tema dell’omosessualità?

Troppo, dal momento che le riforme dei diritti civili sono come paralizzate. La politica non svolge il suo lavoro e l’Italia ha finito col perdere il treno delle riforme, che nel frattempo andavano avanti nel resto d’Europa. E il problema non è né di destra, né di sinistra: quest’ultima, a parole, dice di essere per i diritti civili, ma quando ha governato non è stata in grado di far passare una legge che li promuovesse.

Quanto gli stereotipi propinati dalla tv e i personaggi esasperati influiscono sui pregiudizi della gente? La si penserebbe diversamente se lo schermo mostrasse la quotidianità dei gay?

Influenzano moltissimo. Ovviamente determinati personaggi hanno diritto a essere come sono, ma è pur vero che sono una piccola minoranza del mondo gay e che non rappresentano proprio tutti. In ogni caso, è chiaro che gli autori televisivi portino sullo schermo chi stupisce e fa notizia, esasperando la propria essenza con un’immagine che sembra una caricatura.

Probabilmente è la spettacolarizzazione dell’omosessualità a farla apparire, a volte, come una condizione anormale. Si pensi magari ai gay pride, alle manifestazioni. Gli etero non vanno in giro a sbandierare i propri gusti. I gay, invece, scendono in piazza per sponsorizzare la propria sessualità, magari facendola apparire come fuori dal comune. Perché, allora, questa scelta?

Gli etero non hanno bisogno di affermare la propria sessualità perché il mondo propone il “loro” modello: quello delle famiglie tradizionali. Ma ciò non toglie che debba esserci uno spazio anche per chi ha gusti diversi: il pride non è una pubblicizzazione, bensì la giornata in cui le persone dichiarano orgogliosamente quello che sono, mostrando di essersi lasciate alle spalle la clandestinità. Ogni volta che se ne organizza uno, poi, va sempre meglio: nel 1994 a Roma eravamo in 2mila, lo scorso anno eravamo in migliaia. Segno che le cose, sotto la spinta dei nuovi giovani, sta migliorando.

Capita spesso che non si faccia coming out. Quanto questo autoemarginarsi influisce sulla società e sui rapporti, dal momento che è quasi come non accettarsi?

Uscire allo scoperto è una cosa difficilissima e molto personale. Non c’è una ricetta uguale per tutti, dipende dal contesto in cui si vive. Ma è un momento che non va rimandato all’infinito: quando lo si dice agli altri, lo si dice anche a se stessi. E di certo è meglio affrontare eventuali conflitti con la famiglia, piuttosto che dover vivere con il pensiero di nascondersi.

Ci sono speranze di evoluzione in una regione come la nostra che tende ancora a ghettizzare chi non ha la pelle bianca?

I calabresi hanno un tratto distintivo: sono chiusi e riservati. Ed è una regione in cui l’associazionismo gay è anche molto debole. Però sono convinto che le coppie non debbano scappare dalla Calabria: anzi, devono rimanerci per proporre la loro quotidianità e cercare di cambiare il pensiero dei loro compaesani. E mettersi in testa che devono smetterla di piangersi addosso: la loro è una realtà difficile, ma è anche vero che a Sondrio non si sta meglio di come si sta, per esempio, a Reggio Calabria.

Pensa che l’Italia sia pronta per un premier come Vendola? C’è la maturità mentale, che paradossalmente c’era nell’antica Grecia, per abolire le discriminazioni?

Ci sarà un presidente del Consiglio dichiarato solo quando gli omosessuali prenderanno coscienza della forza che hanno a livello elettorale. In trent’anni sono stati fatti passi da gigante: ora serve solo un riconoscimento legislativo. Quello sarà il trampolino per cambiare l’atteggiamento della società.

Antonella Garofalo

 Quotidiano Calabria Ora lunedì 23 gennaio 2012

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