di Aurelio Mancuso (settimanale gli Altri – venerdì 4 gennaio 2013)

Pierluigi Bersani sarà sicuramente uno dei protagonisti del prossimo anno. Ce la farà a diventare premier? Quanti compromessi dovrà digerire? Molti giornalisti politici confondono una vera bonomia di carattere con una supposta ingenua bontà, che lo espone alla satira e ai capricci delle componenti interne. E invece eccolo qui il Bersani che nel 2012 ha portato il PD dall’esangue 24% dei sondaggi più accondiscendenti a quel 34-36% di consensi ritenuti prudenziali. Merito delle Primarie, del confronto serrato con Matteo Renzi, che ha fatto percepire il PD come l’unico partito concretamente esistente. Tutto vero, ma rimanendo sul crinale della moderata simpatia per il politico e l’uomo, è oggettivo che le scelte di quest’anno, compresa la nascita del governo Monti, siano da accreditare al Segretario del PD, partito incasinato, dove convivono correnti, correntine, spifferi, eppure vitale. Nel 2013 continueremo a sentir parlare di lui e Monti, che pensa di esser tecnicamente più furbo e con tutte le carte in regola per continuare a pesare e molto, sottovaluta che il piacentino riserva ancora molte sorprese e nonostante tutti gli sproloqui degli editoriali dei grandi giornali italiani, può contare su una base elettorale oltre il doppio della più rosea previsione della marmellata centrista sostenuta dai salotti dei ricchi ridipinti come società civile. A rileggere le cronache politiche del 2012 si nota come i media hanno versato tonnellate di diffidenze nei confronti di Bersani, reo di non essere conseguente con gli annunci: rinnovamento, primarie per il leader, primarie per i parlamentari. Nessuno naturalmente oggi si scusa, e come accade nell’italiano suolo, si cerca ora di sminuire la portata delle scelte operate, dall’altra di rilanciare all’infinito. Tornando a Bersani il suo cammino non è agevole e non favorito da un Pd in cui capo correnti sono annichiliti dall’attivismo di un segretario candidato a premier, che va veloce come un treno, impone tempi, non si fa condizionare da equilibri antichi. Certo il 2012 è stato un anno complicato, l’appoggio al governo Monti, non è stato indolore, diversi provvedimenti impopolari, alcuni dei quali sgangherati e presuntuosi, dovranno esser narrati da Bersani come medicine amare che devono esser addolcite. Il 2013 è prevista una permanenza della dura recessione, l’Imu, la tassa più odiata e sproporzionata peserà moltissimo, il comparto produttivo del Paese, cui il candidato del centro sinistra, guarda con la massima attenzione, non da segni concreti di rianimazione, per questo su lavoro, ripresa economica, giovani saranno i terreni della vera battaglia. Un confronto interno ed esterno duro, che avrà bisogno di un Bersani adeguato, con una squadra preparata, e ripulita dai comprensibili entusiasmi della competizione delle primarie. Dal punto di vista della proposta classica della sinistra riformista il segretario non ha problemi, altro cimento invece si deve ingaggiare rispetto ai mutamenti sociali, a partire dall’evidente devastazione prodotta dalla crisi economica. Primo il pane, ma l’opinione pubblica è troppo arrabbiata per aderire solamente alle necessarie ricette per risollevarsi dalla ristrettezza materiale. C’è fame di serietà e pulizia nelle istituzioni, di più libertà e diritti civici e civili. Se nella sua corsa alla candidatura questi temi sono stati ben presenti, appare negli ultimi tempi un appannamento pericoloso. Se Bersani vorrà competere davvero per vincere le elezioni, anche con un buon margine, dovrà rammentare che deve parlare alle solitudini e ai rancori profondi, deve esser punto di riferimento delle troppe cocenti delusioni degl’ultimi 20 anni, di cui gran parte porta la responsabilità, non la destra populista di Berlusconi, ma l’ignavia della sinistra. Il Bersani del 2013 dovrà continuare a saperci stupire, anche facendoci arrabbiare, imprimendo un passo riformista deciso e che colpisca da una parte gli indecorosi privilegi delle tante caste, e dall’altra che finalmente ripulisca quelle incrostazioni giuridiche e politiche che impediscono una convivenza civile e libera. La posizione del segretario non è invidiabile, soggetta com’è alle mille sollecitazioni di tanti interessi particolari e a volte di mantenimento di posizionamenti, sta a lui comprendere quali questioni invece sono concretamente evocative di un Paese che sa finalmente cambiare e diventare più rispettoso e civile.

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