Non ci giriamo intorno: è crollato il Pci – settimanale gli Altri
Inutile ricercare formule originali per descrivere le macerie in cui è ridotto il Pd. I risultati raccontano con drammatico realismo un dato inconvertibile è crollata la roccaforte di Botteghe Oscure. Da quel lontano 1989 a oggi gli eredi del PCI e in seguito insieme a una parte della Dc, hanno tentato di mantenere in piedi l’area di un terzo dell’elettorato che a tratti si è espansa oltre, per assaltare democraticamente i palazzi del potere, ma non sono mai riusciti a sfondare per ottenere una maggioranza solida, qualsiasi sia stata la legge elettorale per le elezioni politiche. Le analisi si stanno sprecando, rimanendo su una linea il più possibile oggettiva, Bersani ha cercato di mantenere saldo quel terzo sperando in un ampliamento sufficiente per ottenere la maggioranza, ma la vittoria è mancata . Molti pensano che con Renzi il risultato sarebbe stato alla portata, dimenticando un altro dato oggettivo, probabilmente l’erosione del voto a sinistra sarebbe stato importante, non compensato da un recupero sul fianco destro, che come si è visto si è rinsaldato da una parte intorno al Pdl e dall’altra ha seguito la strada grillina. Rimane ora da capire come si potrà affrontare una situazione esplosiva, da una parte la missione impossibile di formare un governo, dall’altra l’apertura della fase congressuale. continua a leggere Sul primo punto la gran parte dei dirigenti Pd pensa che si debba formare un governo di minoranza, tentando l’approccio con M5S, per traghettare il Paese per alcuni mesi, prima di ritornare alle urne con una nuova legge elettorale, alcune riforme sul sistema politico e la giustizia, terreni tutti sensibili per l’area di Grillo. L’altra ipotesi è quella di un governissimo con Pdl e Monti sempre di breve durata. Tutte le ipotesi in campo, che formalmente avranno una larga solidarietà interna, per il semplice meccanismo della difesa del comun fortino, non potranno oscurare che il PD così come lo conoscevamo fino a ieri, è finito. Il campo del centro sinistra o si spiana e si costruisce ex novo o rischia nel giro di poco tempo di scomparire e di diventare persino un elemento di freno, nella generale volontà di cambiamento. La destra non crolla, pur ottenendo il peggior risultato di sempre, il centro montiano ha fallito l’obiettivo, l’unico dato di freschezza e di enorme novità è M5S che ha drenato una quota straordinaria di voti di sinistra. Se per fortuna Ingroia e la sua formazione di riciclati del giustizialismo e di un’inutile sinistra soccombe, Sel ottiene un risultato talmente modesto da domandarsi quale sia oggi l’utilità di una formazione cui il leader perde pesantemente nella sua regione, e raccoglie un misero milione di voti in Italia. Nel Pd nessuno saprà per ora spiccare il volo, troppe le furbizie che prevarranno dopo i primi momenti di smarrimento, mentre proprio una decisa evocazione di una messa in discussione radicale del contenitore del centro sinistra, potrebbe forse, riaprire una speranza. Non è una classe dirigente che deve essere rimossa (le rinunce di Veltroni e D’Alema sono apparse insufficienti anche dentro il corpo militante del PD), è l’idea stessa di presenza nel quadro politico di una forza politica eternamente in bilico a non essere più attuale. Nelle fasi di transizione è anche comprensibile che si formino partiti “di mezzo”, che cercano di attrarre elettorati differenti, a volte distanti, ma il Pd ha fallito, perché ritenuto o ancora troppo “comunista”, o troppo incolore, incapace di produrre empatia, adesione a un sistema di valori condiviso e chiaro. Ora siamo fuori dalla transizione, i bontemponi ottomani grillini hanno vinto, e la sacralizzazione del vaffanculo, come sintesi efficace di voler travolgere un sistema, senza aver bene in mente come sostituirlo, è dilagata in ogni dove. Bersani ha perso, e con lui è finita una storia, tocca ancora all’attuale Segretario del Pd imprimere una necessaria accelerazione perché star fermi alimenterà la voglia di distinguersi e andarsene, magari formando vecchi nuovi partiti. Anche Renzi, guardingo e intenzionato a far le mosse giuste al momento opportuno, potrebbe nel giro di pochi giorni apparire il passato, una promessa ormai tradita e non attuale, perché prigioniera di equilibrismi valoriali e di visioni di organizzazione politica superati dai fatti. La sinistra ha bisogno di un partito vero, assolutamente inedito e di rottura rispetto al palazzo crollato di Botteghe Oscure, facendo vivere anche un ulteriore definitivo lutto ai propri generosi militanti. Non è detto che si seguirà questo schema, per cui è possibile che l’Italia continuerà a crogiolarsi da una parte nel fideismo delle antiche bandiere, e dall’altra dall’individualismo ammantato di populismo, che avendo la capacità di cambiare sigle e rappresentazioni con estrema facilità, appare sempre più simpatico e attrattivo rispetto ai bacchettoni e presuntuosi progressisti. Ultimo dato, la forza elettorale dei politici cattolici emanazione di Oltre Tevere si è dissolta ed ha mostrato tutta la sua debolezza. Nonostante la volontà storica di mantenere saldi i poteri d’interdizione, non si è accorta che il popolo non le riconosce alcuna rappresentanza decisiva, alcuna adesione sul piano della credibilità dei programmi e dei valori. D’altronde se la sacralità della figura del papa è messa in discussione dallo stesso Ratzinger, chi può credere nelle ipocrisie di Casini e compari? Quasi nessuno. E questa novità interroga fortemente anche l’area cattolica del Pd, che ha contribuito con la sua spocchia di presentarsi come necessaria e non riformabile, a rendere l’impresa di Bersani, ancora più debole agli occhi del Paese.
Seguimi con: