josefa idem

di Aurelio Mancuso

La nuova ministra Josefa Idem ha deciso di avviare un confronto ampio sul tema della violenza e delle discriminazione in ragione del genere, dell’orientamento sessuale e identità di genere, promuovendo per il prossimo 22 maggio una giornata insieme a tutte le reti e realtà associative impegnate in questa difficile battaglia. Dopo la vicenda della rimozione dell’esponente del Pdl Biancofiore da sottosegretaria alle Pari Opportunità, la ministra ha certamente compreso che il suo dicastero, a torto valutato come marginale, è invece l’avamposto istituzionale di un tema complicato e sempre esposto all’attenzione dei media. Quindi, centri anti violenza, telefoni amici, linee gay, femministe, sindacati, gruppi trans, come aveva pensato già a suo tempo Barbara Pollastrini, possono confrontarsi e condividere un’azione efficace. L’attenzione c’è tutta e la continuativa sequela di uccisioni di donne, di violenze di tutti i tipi perpetrate da mariti, fidanzati, ex, conoscenti, non può concedere indugi, ne affidarsi ai soliti appelli dei mass media, che alla lunga diventano stanchi rituali. La violenza sulle donne, l’omofobia e la transfobia delittuose, hanno radici comuni e differenze importanti. Il dominio del maschio eterosessuale su tutto ciò che per diritto divino e potenza della storia millenaria di supremazia, deve incarcerare ai suoi voleri le donne e le persone lgbt. Troni e Altari, filosofie e regimi dittatoriali, democrazie immature e uso strumentale delle conoscenze, hanno tramandato per le donne la sudditanza, per le persone lgbt il buio della clandestinità.continua a leggere La messa in discussione del dominio maschile grazie ai movimenti femminili e femministi, fino ai movimenti di liberazione lgbt, è un’onda lunga, che oggi torna di attualità, non a caso, dentro la crisi economica e sociale. La differenza tra violenza sulle donne e quella sulle persone lgbt sta nel fatto che le prime sono sorelle, madri, mogli, fidanzate, conoscenti o sconosciute, di cui si desidera il controllo psicologico e il possesso fisico, le seconde sono entità oscure di un desiderio, che si esalta nella repulsione. In entrambe i casi considerare queste soggettività come “vittime” significa ricacciarle proprio nell’ovile del machismo, dove ognuno trova il suo posto: il pastore maschio, le pecorelle bianche donne, le pecore nere i gay. Sarà interessante partecipare al confronto del 22 maggio, perché fatte le debite riflessioni teoriche, su cui probabilmente saranno difficili complete convergenze, a partire dall’uso dell’orrendo neologismo “femminicidio”, si lavorerà per costruire azioni concrete. E le proposte, almeno alcune, si possono elencare a cominciare dalla certezza dei finanziamenti alla rete dei centri antiviolenza e una sua effettiva estensione, per proseguire con corsi di formazione per le forze dell’ordine e la nascita in tutte le questure di pool anti violenza sulla scorta delle esperienze di altri paesi europei e occidentali, non dimenticando che il sistema formativo scolastico è strategico per l’educazione alle differenze e alla salute.Le libertà e l’autodeterminazione delle differenti identità sessuali e personali sono questioni non semplici, cui non si può intervenire per conseguente repressione nel momento in cui sono messe in discussione, né aiutano portare ad esempio storie e culture di altri Paesi, che a differenza dell’Italia, hanno iniziato percorsi di messa in discussione del patriarcato e della repressione sessuale molto prima di noi, e senza concedersi pericolose pause o svalutazioni, così come è successo negli ultimi vent’anni. Per quanto riguarda l’omofobia e la transfobia, non possiamo sfuggire dall’obiezione teorica per cui partire per esempio dall’estensione della legge Mancino, sia un errore politico, perché il tema centrale della violenza contro le persone lgbt è l’assenza di diritti, di riconoscimento effettivo della cittadinanza, e la stessa, quindi, una mera conseguenza. Il legame tra mancanza di diritto sostanziale e ampliamento della violenza riguarda anche le donne, cui tutele legali oggi non mancano (seppur nella necessità di migliorare alcuni strumenti e revisionarne altri) ma che fanno fatica a essere efficaci. La questione maschile è il vero centro del problema, l’esternazione della violenza, è un fenomeno che grazie alle conquiste democratiche si è attenuata, ma tutt’altro che risolta, anzi diventata più drammatica perché si confronta con le libertà sancite. La crisi dei maschi è da “curare” con decisione, e in questo senso la riflessione è da farsi con franchezza: vanno pensate politiche, campagne, servizi che affrontino la repressione maschile, che è la sostanza della violenza dell’uomo odierno.

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