Lo stigma che pesa su gay. Per questo si suicidano
Di Aurelio Mancuso – 13 Settembre 2014
Gli adolescenti e giovani omosessuali sono due volte più inclini al suicidio rispetto ai loro coetanei eterosessuali. Con una serie di dati Vincenzo Lingiardi ordinario dell’Università la Sapienza di Roma, psichiatra e scrittore divulgatore di numerose ricerche in materia, ha esposto le sue tesi nell’ambito di un simposio internazionale sul dramma dei suicidi. La notizia non stupisce chi da anni segue con attenzione l’evoluzione di un fenomeno che racconta la sofferenza di migliaia di ragazzi italiani schiacciati da un diffuso stigma sociale e un’avversione proclamata da un vasto schieramento politico, culturale e religioso.
La vita quotidiana dei giovani omosessuali nell’ambito familiare è complicata, la sessualità è un argomento evitato se non demonizzato e, le reti lgbt sono ampiamente impreparate. Il giudizio su quest’ultime, deve essere mitigato dall’indubbio accerchiamento che subiscono. Allo stesso tempo l’oscillazione tra drammatizzazione quando emergono casi di suicidi e sostanziale indifferenza nei luoghi della socialità aggregativa, pongono seriamente il quesito se a fronte di giuste e doverose rivendicazioni per i diritti (cui assenza è una parte sostanziale del radicamento dell’esclusione culturale) non vi sia un’evidente mancanza di servizi dedicati proprio a questa fascia d’età. Il bullismo e il cyberbullismo dilaganti sono consegnati ancora nell’ambito dell’eccezionalità, così come tutti gli indicatori che invece dovrebbero indurre la scuola e le famiglie a una massima attenzione. Le centinaia di corsi e iniziative che nelle scuole medie e superiori si organizzano, con bellissimi progetti finanziati anche da regioni e comuni (fra tutti quelli del Lazio e di Roma) sono una goccia nel mare, perché la stragrande maggioranza degli istituti non aderiscono a tali campagne, e soprattutto permane una ostilità di fondo degli insegnanti, di cui il silenzio clamoroso dei sindacati di categoria, compresa la Cgil, denota in quanto disinteresse sia avvolto il mutare dei tempi e la crescita psicofisica dei giovani italiani. Scoprirsi omosessuali, convivere con questa identità si aggiungono alle inquietudini comuni a tutte gli altri ragazzi e ragazze, ti fa percepire non speciale ma sbagliato, diverso e non differente, non è di moda come qualche politico caimano o pseudo intellettuale orgogliosamente di sinistra tenta di accreditare. A questo malessere si somma, a volte, il frastornante incontro con l’articolazione dell’associazionismo o del divertimento lgbt, e l’incauta immedesimazione con alcuni logo tipi di riferimento. Dal casto intellettualismo e rincorsa ai modelli familistici eterosessuali all’ostentazione irrefrenabile del completo supermarket delle proposte di cosmesi pret à porter, confluiscono nell’intimità di molti giovani come un turbinoso, anche positivo, rimescolamento identitario. Saper scegliere, soprattutto non avvertirsi soli, anche tra migliaia di omosessuali pubblici, è ancora la nostra sfida personale e collettiva. La normalizzazione dell’omosessualità è un errore teorico e pratico, perché fa credere di poter intraprendere un percorso uguale agli eterosessuali. L’uguaglianza dei diritti è proclamazione di differenti peculiarità dentro le maggioranze e dentro le minoranze; educare all’orgoglio dell’individualità (che è il contrario dell’individualismo) rafforza la stima, allontana il suicidio.
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