Wojtyla in Paradiso: Il cattolicesimo politeista e affarista
Settimanale gli Altri venerdì 29 aprile 2011
A Karol Wojtyla il 1 maggio sarà riconosciuta dalla chiesa cattolica l’ ascesa in paradiso, quindi, la possibilità di intercedere per le persone rimaste sulla Terra a pregare per nome suo. La beatificazione non è la canonizzazione, quindi, nonostante la santificazione a furor di piazza urlata nel giorno del suo funerale, ci vorrà ancora tempo per la completa gloria tra i santi. Di per se la beatificazione, cui può seguire il processo di canonizzazione, se sono comprovati miracoli ulteriori, è una delle questioni di maggior conflitto teologico tra cattolicesimo e protestantesimo. Per i protestanti, infatti, santi e beati sono tutti i fedeli in stato di grazia, ed è blasfemo stabilire per l’uomo quale sia la volontà di Dio. Nella sua lunga storia la chiesa cattolica ha trattato la proclamazione dei suoi beati e santi con diverse regole, soprattutto non ha lesinato queste onorificenze e venerazioni più o meno popolari, a lazzaroni, truffatori, simoniaci, miscredenti, di ogni razza e risma. Papa Wojtyla nel suo lungo pontificato a sfornato un numero abnorme di beati e santi da far impallidire tutti i papi della storia: 482 santi e 1.338 beati. Un vero e proprio esercito che di cui il popolo di Dio difficilmente riesce a rammentare tutta la vastità. L’attuale papa ci va assolutamente più cauto, ma la beatificazione del suo predecessore proprio non se la poteva evitare. In Vaticano tutti sanno che Raztinger vorrebbe su santi e beati operare un giro di vite, ma la beatificazione di Giovanni Paolo II, postulata da potentissimi poteri interni e sostenuta dal consenso e dalla devozione popolare, è inevitabile come lo fu quella di Madre Teresa di Calcutta. Per dovere di cronaca bisogna dire che schiere di teologi cattolici di tutte le sensibilità, da ben prima del Concilio Vaticano II chiedono una robusta e severa revisione della beatificazione e della canonizzazione, fino ad arrivare a una sorta di oblio che non smentisca la Tradizione, e allo stesso tempo la pietrifichi nella storia. Ma Curia, Conferenze Episcopali, ordini religiosi, organizzazioni internazionali come Opus Dei, Legionari di Cristo, confraternite, non vogliono rinunciare allo strumento della devozione. E’ un fatto che i Santuari siano una fonte inesauribile di sostegno morale ed economico per una chiesa, che in una buona porzione dell’occidente fatica nel confronto con la secolarizzazione, ma che è pur sempre in ascesa organizzativa in Africa, in alcune aree dell’America Latina e persino nell’America del Nord, proprio grazie all’apertura di nuovi e lucenti luoghi di culto devozionale. La vera nemesi per la più grande organizzazione monoteista al mondo, si proclama nella dura constatazione che debba ancora perseguire la sovrapposizione del politeismo, sfornando un esercito di beati e santi, che nell’antichità rivestivano il ruolo delle divinità minori o dei semidei. Il bisogno di poter toccare con mano i corpi mummificati dei santi, di venerarne reliquie, o immagini è quanto di più antico e pre cristiano vi possa essere, e alimenta culti, cerimonie, espressioni di adorazione superstiziosa. In questo humus le gerarchie cattoliche ci sguazzano da millenni e come detto prima ha permesso di ripulire personalità che in vita hanno fatto azioni orribili, per “ribattezzarle” nella beatificazione o canonizzazione. Quello che avverrà il primo maggio a Roma non cambia la storia, la reinterpreta per la gioia dei baciapile cattolici e atei di tutte le aree politiche e culturali, utilizzando con sapienza i mass media, proni e complici di questa nuova farsa che di cristiano e di sacro non ha proprio nulla. Wojtyla, è come tanti altri beati e santi una figura controversa, ma nessuno avrà il coraggio di dirlo in modo chiaro e netto. E’ stato un abile manipolatore, un attore che ha saggiamente utilizzato i mass media e i potenti mezzi finanziari, economici e politici del suo piccolo e anacronistico regno (già solo questo dovrebbe far urlare alla bestemmia davanti al Vangelo!) per condurre un’azione di repressione di ogni dissenso all’interno della chiesa cattolica. Ha flirtato con dittatori, banchieri, aguzzini, gerarchi cattolici di cui ha coperto malversazioni, scandali, abusi sessuali. Giovanni Paolo II a differenza di quello che sostengono i cortigiani vaticanisti dei media italiani, non ha rinnovato la chiesa cattolica, l’ha resa ancora più autoritaria e vanagloriosa, l’ha fatta regredire contribuendo con l’attuale papa e suo stretto collaboratore, a cancellare le timide aperture al mondo del Concilio Vaticano II. Non stupirà inoltre leggere nei giorni prossimi entusiaste filippiche di intellettuali di sinistra che rammenteranno l’impegno pacifista di Giovanni Paolo II, il ruolo politico rivestito nel crollo del socialismo reale. Analisi frettolose, contraddittorie su una personalità che ha certamente giocato un ruolo importante nei suoi oltre 25 anni di pontificato, difendendo in ogni dove le politiche più reazionarie. La bonomia, la simpatia mediatica, la capacità di parlare a masse raccolte grazie a un piglio organizzativo straordinario di Giovanni Paolo II, se possono ancora oggi far emozionare gli sprovveduti non credenti (in particolare i politici ossequiosi) per i cristiani, per i cattolici davvero adulti e stanchi, rappresentano la conferma di un inganno. Che la gerarchia cattolica sappia confondere le idee anche ai più avveduti lo dimostra che di volta in volta sa farsi amica una parte dell’opinione pubblica, mettendo in conto di indispettirne un’altra. Così la beatificazione di Pio XII è rimandata, ma non cancellata, e si avanza con quella di Wojtyla, mentre langue quella dell’eroico Arcivescovo Romero, e invece si è proceduto alla canonizzazione di Josemaría Escrivá il fondatore della potentissima Opus Dei. Troppi sono i personaggi ambigui e farabutti di cui le immagini insozzano gli altari di tante basiliche e chiese, da qui la semplice constatazione che queste cerimonie e successive devozioni sono un armamentario funzionale che nulla ha a che fare con il Vangelo, con la narrazione della vita e dei compiti dei dodici apostoli, in generale alla fede. E’ tutta concreta, immonda, ipocrita pratica di strumenti politici, di cui i credenti dovrebbero fare una bella pulizia intima ed esteriore.
Di Aurelio Mancuso
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