Settimanale “gli Altri” venerdì 3 giugno 2011

Di Aurelio Mancuso

Ci siamo, l’Europride ha avviato la sua programmazione di iniziative politiche e culturali, che al Village allestito in Piazza Vittorio a Roma, e in tante altre sedi istituzionali e associative parleranno alla città, alle tante persone provenienti da tutta Europa che accorreranno per l’evento. Quando il popolo delle libertà si mette in cammino, è sempre una buona cosa, di per se un fatto politico. In attesa della grande parata dell’11 giugno che partirà da piazza dei Cinquecento per approdare a Circo Massimo, s’intrecceranno molte riflessioni sullo stato di salute del movimento lgbt Italiano sul suo futuro. È inutile far finta, che il conflitto in cui è immerso uno dei soggetti sociali più vivi del nostro Paese sia stato superato. Non è così, anche se allo stesso tempo oggi più di ieri si possono individuare percorsi per il suo superamento. La prima occasione di riflessione deve esser colta dal risultato elettorale delle amministrative. Ha vinto il centro sinistra, soprattutto ha vinto un pezzo di paese che ama le primarie e spinge i partiti del centro sinistra ad avere più coraggio, premiando candidati con configurazioni personali molto marcate, soprattutto sui temi dei diritti civili. Allora se il quadro politico, soprattutto all’interno del campo cui si guarda con più interesse, cambia,  come può rimanere immutato il movimento lgbt italiano? Con tutto il rispetto che si deve a chi tutti i giorni opera in una situazione oggettivamente difficile, oggi per il bene della collettività lgbt, le élite delle associazioni non possono pensare di trascinarsi in una sorta di liturgia delle ricorrenze, per cui si passa dalla giornata della Memoria, a quella sull’omofobia, per poi approdare alla stagione dei Pride e concludere con il Tdor (giornata di ricordo delle vittime transessuali e transgender). Ora, dopo quattro anni di lunga oscurità, ricordiamolo sempre causata del tradimento operato dal governo del centro sinistra, c’è la possibilità di ripartire, non cadendo nella prima e mortale tentazione di disgiungere la militanza di questi mesi a sostegno dei candidati del centro sinistra, con la necessità di far emergere la specificità della presenza sociale lgbt. A Milano con un grande lavoro di elaborazione il movimento è stato dentro il processo di cambiamento, proprio lì non è il tempo del ritornare alla routine. Bisogna per esempio subito pretendere l’adesione di Giuliano Pisapia al Pride meneghino e l’immediata discussione per l’istituzione del Registro delle Unioni Civili. Più in generale in Italia, per superare il celebratismo, pericolosamente presente anche nella convocazione dell’Europride, sostenuto da un documento politico debole e dal linguaggio involuto, organizzato non per ampliare ma per difendere rendite di posizione, escludendo colpevolmente (come mai è accaduto nella storia recente) pezzi importanti operanti dentro e fuori il movimento, occorre sparigliare. E’ indispensabile democratizzare i meccanismi di partecipazione e di coinvolgimento di tutto l’arcipelago delle reti e associazioni che si impegnano certamente sui temi lgbt e più in generale di diritti civili. Per ora va in scena il ripiegamento, che per fortuna non impedisce a decine di migliaia di persone lgbt, etero, famiglie, pezzi della politica, a partecipare a dar vita alla meravigliosa parata delle libertà. Ma l’esaurimento della spinta politica è sotto gli occhi di tutti. Non una proposta politica forte cementa, come accadde negli anni ’90 e 2000, il movimento e un intero popolo. Senza cambiamento il movimento si sfalda, prevalgono ostilità personali, ripicche e gelosie, si propongono stancamente rituali che perdono sempre più l’interesse emotivo. L’Europride sarà una bellissima manifestazione, tutte e tutti noi, appartenenti o meno al movimento lgbt gioiremo insieme, sfileremo stanchi e appagati dai tanti giovani che sempre lo affollano, poi giunge il day after, e per una volta tanto sarebbe necessaria una generosa riflessione. Bisogna ritrovare l’unità,  è urgente far spazio a nuove generazioni che superino le ruggini e i conflitti che portano solamente stagnazione, occorre mettersi in sintonia con il sentimento sociale, che oggi spinge al rinnovamento, anche delle proposte politiche. Il che forse è la consapevolezza più difficile da ammettere.

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