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Pride: una festa e una battaglia, ma senza liturgie – settimanale gli Altri

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di Aurelio Mancuso

Inesorabile come l’8 marzo, meno impegnativa del 1 maggio, destabilizzante come le feste di papà e mammà, è giunta la stagione dei Pride. Il 28 giugno 1969 un manipolo di travestite e transessuali diede del filo da torcere alla polizia allo Stonewall Inn sulla 53° Christopher Street di New York, che per l’ennesima volta irrompeva nei locali gay. Nessun omosessuale in giacca e cravatta era presente, alcuna scintilla di rivendicazione politica classica ha provocato l’ira delle frequentatrici e frequentatori di quel bar, solo la stanchezza e l’umiliazione hanno armato queste persone dei loro tacchi volati contro gli agenti armati di bastoni e disgusto nei confronti dei “pervertiti”. E lo sfoggio di rossetti, tacchi, vestiti colorati sono l’anima stessa dei Pride, della nostra Liberazione che da quel piccolo locale si espansa in quarantaquattro anni e ha travolto prima l’Occidente e ora tutto il mondo, i pregiudizi plurimillenari. In soli quattro decenni la gran parte degli stati degli USA hanno leggi sul matrimonio egualitario o sulle unioni civili, così come il Canada, alcuni paesi dell’America Latina, la gran parte dell’Unione Europea, e così via. (altro…)

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Diete. Un solo consiglio: buon cibo e…ginnastica da camera -settimanale gli Altri

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di Aurelio Mancuso

Grasso è bello ricordano tante stonate dicerie, spot, antiche credenze, interessati sostegni folkloristici.  Il grasso è diffuso, popolare, sensuale, e socialmente accettato, o meglio compreso, tra la gran parte degli italiani, che del cibo non hanno solo la passione, ma a tratti una robusta ossessione. Al netto dei luoghi comuni per cui i milanesi della city sono da un’insalata e via, o i romani paninari, e i torinesi e genovesi ci tengono alle porzioni equilibrate e non sature, nell’italico suolo si mangia dappertutto, troppo, con gran gusto, affidandosi ai Mac piuttosto che alle trattorie. E se qualcuno vi racconta che però le nuove generazioni stanno più attente, rammentate sempre che dipende dai luoghi e dalle condizioni sociali, perché il grasso non è solo abbondanza, ma è pure frutto di disordine, d’ingestione di alimenti di bassa qualità, di diete cariche di pochi e non nobili elementi nutrizionali. Tra tutto questo e il regime dominante del fisicamente irreprensibile, costruito a dura prova della propria tenuta fisica, tra ore di lavoro o studio, palestre sempre più attrezzate come istituti di espiazione per i ciccioni, c’è il buon senso, che non sguazza mai tra le nostre latitudini mangerecce. (altro…)

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Il 22 maggio: Insieme a Josefa, ma niente leggi speciali – settimanale gli Altri

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josefa idem

di Aurelio Mancuso

La nuova ministra Josefa Idem ha deciso di avviare un confronto ampio sul tema della violenza e delle discriminazione in ragione del genere, dell’orientamento sessuale e identità di genere, promuovendo per il prossimo 22 maggio una giornata insieme a tutte le reti e realtà associative impegnate in questa difficile battaglia. Dopo la vicenda della rimozione dell’esponente del Pdl Biancofiore da sottosegretaria alle Pari Opportunità, la ministra ha certamente compreso che il suo dicastero, a torto valutato come marginale, è invece l’avamposto istituzionale di un tema complicato e sempre esposto all’attenzione dei media. Quindi, centri anti violenza, telefoni amici, linee gay, femministe, sindacati, gruppi trans, come aveva pensato già a suo tempo Barbara Pollastrini, possono confrontarsi e condividere un’azione efficace. L’attenzione c’è tutta e la continuativa sequela di uccisioni di donne, di violenze di tutti i tipi perpetrate da mariti, fidanzati, ex, conoscenti, non può concedere indugi, ne affidarsi ai soliti appelli dei mass media, che alla lunga diventano stanchi rituali. La violenza sulle donne, l’omofobia e la transfobia delittuose, hanno radici comuni e differenze importanti. Il dominio del maschio eterosessuale su tutto ciò che per diritto divino e potenza della storia millenaria di supremazia, deve incarcerare ai suoi voleri le donne e le persone lgbt. Troni e Altari, filosofie e regimi dittatoriali, democrazie immature e uso strumentale delle conoscenze, hanno tramandato per le donne la sudditanza, per le persone lgbt il buio della clandestinità. (altro…)

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Dieci anni fa la pubblicazione del “Lexicon” il tomo della discordia scoglio morale per papa Francesco

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Papa-Francescodi Aurelio Mancusosettimanale gli Altri venerdì 10 maggio 2013

Ricorre quest’anno il decimo anniversario della pubblicazione del “Lexicon – Termini ambigui e discussi su famiglia vita e questioni etiche”. Questo tomo, edito a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia e di cui estensione è stata coordinata da un gruppo di studiosi cattolici presieduti dall’allora potentissimo cardinale Alfonso Lopez Trujillo, è stato concepito con uno strumento rivolto agli educatori e docenti cattolici per contrastare l’avanzata delle libertà individuali e dei diritti civili nel mondo. Al di fuori dell’Italia l’opera scatenò roventi polemiche dentro e fuori la Chiesa. Nel nostro Paese, a parte un’indignata reazione del movimento omosessuale, per cui per esempio l’Agedo (associazione dei genitori di figli omosessuali) denunciò alla Procura della Repubblica il cardinale Trujillo, che però archiviò immediatamente il procedimento, quasi nessun media italiano ne ha voluto parlare né dare voce al dissenso rispetto a una pubblicazione oscurantista. L’intenzione di quest’abecedario sulla morale sessuale è quella di confutare, scegliendo ben settantasette temi, tutto l’impianto culturale, sociale, politico, scientifico,  condiviso soprattutto dalle democrazie occidentali, dalle istituzioni internazionali, persino dalle agenzie dell’Onu. L’esigenza di questa pubblicazione condivisa da molti cardinali, tra cui Ratzinger allora a capo della Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio), è l’estrema visione di avversione puntuale rispetto alla modernità e in particolare sulla morale sessuale. (altro…)

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La silenziosa guerra tra i moderati Enrico e Matteo – settimanale gli Altri

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pd puzzledi Aurelio Mancuso

Giocano una partita sullo stesso terreno politico e ideale Enrico Letta e Matteo Renzi. Dentro lo scontro drammatico tra correnti, e soprattutto nella base in continua ebollizione, il nuovo premier azzarda e costruisce una compagine governativa moderata, in Europa si direbbe liberale conservatrice, di cui la delegazione del Pd, se si eccettuano alcune presenze, è in linea. Hanno vinto gli ex democristiani dentro e fuori i partiti, le colombe che veleggiano di generazione in generazione nel potere che conta, che nei momenti difficili della Repubblica (che non ha mai pace) si appollaiano serene e sobrie sulla plancia di comando. Il sindaco di Firenze non può che abbozzare, pubblicamente esultare  sottolineando che i big sono rimasti fuori, che è avvenuta una sostanziale rottamazione, quasi definitiva. Renzi sa che più Letta prenderà le misure, riuscirà magari a produrre qualche provvedimento efficace sul fronte della crisi economica, e più per lui il futuro politico si complica. A differenza del vice segretario del Pd, il rottamatore, non ha ancora potuto esibire una squadra di governo sensata, che tranquillizzi i poteri, sempre eterni della finanza nostrana e dell’industria, delle fondazioni in cui si mascherano massoni, clericali, e poteri di ogni sorta. Per ora Renzi è un bel trailer di un film annunciato, ma di cui non si sa quando vedremo le prime scene. Enrico Letta, nel silenzio, nella sobrietà declamata, nei convegni di Vedrò, nella tessitura di una larga rete di rapporti personali e politici, è come d’incanto arrivato pronto all’occorrenza, e tra il fallimento dei tentativi bersaniani e le urla di Renzi che ogni giorno chiedeva una soluzione veloce, oppure le immediate elezioni, ha prontamente portato a casa il risultato. Renzi sa bene che i Letta non s’impressionano davanti ai proclami e ai battage mediatici, loro ci sono, e attendono con pazienza la vera sfida. Una partita tutta imbandita dentro il campo moderato, in quella parte del PD che ancora una volta si avvantaggia delle incapacità tattiche della ben più numerosa e portatrice di voti dell’ala sinistra interna, uscita alla fine umiliata e per ora senza un vero progetto in vista del Congresso e delle elezioni future. Il governo Letta non favorisce la scissione, ne agita la possibilità dalla posizione di comando, brandendo con dolcezza la spada dell’inevitabilità di un percorso comune. In attesa, che la sinistra interna (di cui comunque sia Letta e sia Renzi non possono prescindere se vogliono mantenere i loro differenti poteri del momento) superi la fase dell’infantilismo scissionista e degli happening spontaneisti nei territori, i due ex democristiani, più o meno giovanili, si confronteranno senza esclusioni di colpi. Da decidere sono solo le forme e i tempi, ma il conflitto esploderà, perché il sindaco non può certo interrompere la sua carriera da star televisiva, mentre il premier con difficoltà e pazienza cercherà di rimettere un po’ di ordine nel caos provocato dalla crisi e aggravato dal governo Monti. Ciò che complica la gloriosa marcia del fiorentino è il tempo, la possibilità che la carica propulsiva si esaurisca e, com’è accaduto ad altri, e arrivi al momento topico stanco e già vecchio. Ecco perché per Renzi è necessario avviare immediatamente il Congresso, e valutare se in prima persona assumere la segreteria del PD, tentazione non scevra da forti rischi, perché un conto sono le Primarie per la premiership un altro quello per conquista Sant’Andrea delle Fratte.  Fino al momento prima dell’insediamento del governo Letta suonavano dolci le sirene cullate dalle correnti di lode e promesse di eterno amore nei confronti del fiero De Medici del 2000. Ora i canti si sentono in lontananza e la possente portaerei renziana, naviga meno sicura verso Itaca.  I post comunisti sono un disastro nell’acchiappare il vero potere, in questa vicenda ne hanno sbagliata una dietro l’altra, impettiti da una vacua arroganza, che si è dissolta davanti al soave lento incedere degli ex popolari, ma a tirar trappoloni, compattare le truppe, organizzare congressi, son maestri, per questo Renzi deve ora davvero scegliere e stringere qualche patto, o al suo generoso giovanilismo sarà preferita una tradizionale messa, che val sempre recitare, in qualsiasi tradizione liturgica sia convocata.

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La nenia catto-comunista di Santa Boldrini Addolorata – settimanale gli Altri

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BOLDRINI ELETTA PRESIDENTE CAMERA/SPECIALENIENTE CONTRO LA PERSONA, MOLTO CONTRO IL PIAGNISTEO

di Aurelio Mancuso

Il dolore in politica attraversa i secoli dell’ipocrisia, dei pianti di coccodrillo, delle sceneggiate pubbliche e i cinismi privati. Nell’era moderna del disastrato Stato italiano, la contrizione e la condivisione delle sfighe provate dal popolo diventa un fattore essenziale di distinzione, per comporre un medagliere di atti di dolore che sia adeguato alla narrazione, che deve partire sempre dalla carne viva della società sinistrata. La pietas unita alla volontà della ragione è di esclusiva competenza della sinistra, che a differenza della destra non privilegia mai la violenza e l’individualismo come caratteri fondanti delle sue raffigurazioni allegoriche mediatiche. Il luogo del sangue, virile proposizione di un’etica guerresca dove si incontra la lascivia, fino allo sconfinamento dell’edonismo, del divertimento e della simpatia, è pienamente occupato dalla destra, in concreta sintonia con gli ancestrali sentimenti del popolo italiano. La sinistra invece campeggia con determinazione il luogo della sofferenza (di cui maestra è la chiesa cattolica con cui condivide molte pose pubbliche), della rinuncia e del dolore. Non deve, quindi, stupire se il discorso d’insediamento di Laura Boldrini a presidente della Camera, abbia rammentato un’antica orazione funebre. (altro…)

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