Settimanale Gli Altri – Di Aurelio Mancuso
“Evviva ecco le ho trovate sono le ragazze dell’Olgiatina, anzi ora rinominata “l’Orgiatina”, c’è la sudamericana! Guarda c’è anche quella che lavora a Italia Uno…” Che consolante la tv italiana della destra e della sinistra a correnti alternate moraliste. Mentre Santoro rincorre le ragazze, manda in onda interviste di quell’escort così affidabile, Signorini beatifica Ruby e la D’Urso rilancia per la santità. Che bello spettacolo! Da qualche anno, (il massimo si raggiunse con l’affaire Marrazzo) va in onda puttanopoli, donne o trans che siano, per sollecitare il machismo eccitato dei telespettatori e incitare le donne casalinghe soavi alla rivolta. Il tutto condito con palate di ipocrisia e stravolgimento dei piani. Il problema ora non sono più i maschi che usando il loro potere politico ed economico sollecitano il mercato dell’offerta dei corpi, da Tebe a Roma, passando per Costantinopoli a New York, ma le donne nate o diventate, complete o transitanti. Le donne, che da Eva in poi son loro le colpevoli di tutte le disgrazie del mondo, che fanno scoppiare guerre epiche a Troia (ironia della semantica), sfiancano i maschi e li distraggono dalle loro magnifiche imprese: dal governare il mondo da una scrivania con tanto di pompino genuflesso alla fondamentale partita di pallone. Quel corpo sinuoso che per millenni doveva, secondo le convenienze, esser esposto o nascosto del tutto, tra danzatrici del ventre e monache di clausura. Il sesso è eccezionalità perché per i maschi è necessario sentirsi adeguati, sicuri di non esser criticati e saldamente dominanti. Per questo ancora oggi, è modernissimo il ritornello: fai quel che ti dico io, non far ciò che faccio io. Su questo semplice paradigma popolare ci hanno pasciuto secoli di gerarchie cattoliche, re, imperatori, capi partito, industriali, sapienti intellettuali di destra e sinistra. Primo mantra: il sesso con donne che offrono il loro corpo a pagamento è male, ma necessario. Così la pensano circa nove milioni di italiani, punto e a capo. Secondo mantra: come branco maschile la condanna a ogni forma di prostituzione è necessaria a prescindere dalla semplice e lapidante constatazione che questa realtà è lo specchio delle disfunzioni storiche sessuali, volute da tutti i poteri maschili di ogni colore, razza, religione. Terzo mantra: sono le donne che si prostituiscono (le transessuali sono il lato più violento della vicenda) a doversi vergognare, anche quando sono presentate come vittime. Sono loro che sono sporche (il biancore verginale, la pulizia dell’ordine, il giglio non colto, gli incensi purificatori sono tutti simboli machisti), tentatrici, utilizzatrici consapevoli del putrefacente corpo femminile, insozzato dal ciclo mestruale, sollecitato dalle demoniache tette, sviluppatesi nei secoli per far cadere in tentazione miliardi di sprovveduti maschi. Per non parlare della vagina, di cui Dante ci propone il più metafisico degli esempi della minorità maschia nell’introdurvisi. Che dire di più? Evviva le prostitute, le donne consapevoli che utilizzando il proprio corpo possono trarre profitto, metter nel sacco settanta e ottantenni in circa di Dorian Gray! Non è un buon messaggio per difendere l’emancipazione, la dignità della stragrande parte delle donne? Al contrario, quando la sinistra e una parte del femminismo, sgretoleranno il loro atavico moralismo sulla sessualità, le donne di tutte le condizioni, credo, attività lavorative, attitudine allo studio, potranno finalmente ridire baldanzose della propria completezza, che mi dispiace ripeterlo e assai superiore di quella maschile. La sfida non è la sottrazione del sesso dal dibattito pubblico, o peggio il suo addomesticamento ai disvalori machisti, è invece la sua esaltazione, distruggendone la carica escludente, così che concretamente le donne (e persino gli uomini) possano finalmente vivere libere dalla schizofrenia che impone il corpo e l’intelletto su due piani configgenti. Così che il piacere finalmente prevalga sulla condanna della mortificante strada dell’esclusiva felicità nell’alto dei cieli!
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