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Lo Stato faccia pagare l’Imu alla chiesa e cambi l’8 per mille

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Comprendiamo che il cardinale Angelo Bagnasco tenti di aggrapparsi ai dati parziali pubblicati su Avvenire, per affermare che la chiesa italiana paga già l’IMU, ma la verità è un’altra, così come recita il timidissimo ordine del giorno votato dal Parlamento, l’attuale legge ha “ escluso il pagamento dell’imposta comunale sugli immobili per gli immobili della Chiesa destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché di culto, anche se parzialmente utilizzati a fini commerciali”. In altre parole oltre che per le cosiddette attività caritatevoli e di solidarietà sociale, la chiesa italiana non paga l’IMU sui cinema, alberghi, ristoranti, romitori, strutture sportive, e molto altro, che abbiano come scopo anche il lucro. (altro…)

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Ichino in cattedra. Il mercato dei diritti un’anomalia tutta nostra

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Tutta questa discussione sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che per fortuna almeno per ora è stata stoppata dal PD, alimenta una riflessione che non può conchiudersi nel confronto, pur importantissimo sulla riforma del mercato del lavoro. Certo il lavoro, come ci rammenta la Costituzione è  il primo fondamentale diritto su cui è fondata la nostra convivenza, ma oggi alla luce di come è cambiata la società sostanziale italiana, come leggere questa affermazione? In primo luogo quando i diritti si difendono si perdono, quando si promuovono ne fanno scaturire di nuovi, e questa lezione dovrebbe essere tenuta a mente sia da parte delle forze politiche e da questo strano governo tecnico e sia dai sindacati. (altro…)

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Eventi: Equality Italia presenta il libro “Oltre ogni ragionevole scommessa”, una vittoria sull’handicap

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Equality Italia ha il piacere di invitarvi alla presentazione del libro “Oltre ogni Ragionevole Scommessa” di Elena Grassi, il cui protagonista, il Dr. Stefano Ciatti è un esempio reale di come – nonostante la condizione di disabilità – si possa vivere un’esistenza completa ed intensa, dove la scommessa quotidiana della vita rappresenta un traguardo fondamentale per accettare la propria disabilità.

Interverranno: Mina Welby, Elena Grassi, Stefano Ciatti, Simona Marchini, Simona Clivia Zucchett ed Aurelio Mancuso. Conclusioni a cura dell’On. Sandro Gozi. continua a leggere

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La silenziosa guerra tra i moderati Enrico e Matteo – settimanale gli Altri

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pd puzzledi Aurelio Mancuso

Giocano una partita sullo stesso terreno politico e ideale Enrico Letta e Matteo Renzi. Dentro lo scontro drammatico tra correnti, e soprattutto nella base in continua ebollizione, il nuovo premier azzarda e costruisce una compagine governativa moderata, in Europa si direbbe liberale conservatrice, di cui la delegazione del Pd, se si eccettuano alcune presenze, è in linea. Hanno vinto gli ex democristiani dentro e fuori i partiti, le colombe che veleggiano di generazione in generazione nel potere che conta, che nei momenti difficili della Repubblica (che non ha mai pace) si appollaiano serene e sobrie sulla plancia di comando. Il sindaco di Firenze non può che abbozzare, pubblicamente esultare  sottolineando che i big sono rimasti fuori, che è avvenuta una sostanziale rottamazione, quasi definitiva. Renzi sa che più Letta prenderà le misure, riuscirà magari a produrre qualche provvedimento efficace sul fronte della crisi economica, e più per lui il futuro politico si complica. A differenza del vice segretario del Pd, il rottamatore, non ha ancora potuto esibire una squadra di governo sensata, che tranquillizzi i poteri, sempre eterni della finanza nostrana e dell’industria, delle fondazioni in cui si mascherano massoni, clericali, e poteri di ogni sorta. Per ora Renzi è un bel trailer di un film annunciato, ma di cui non si sa quando vedremo le prime scene. Enrico Letta, nel silenzio, nella sobrietà declamata, nei convegni di Vedrò, nella tessitura di una larga rete di rapporti personali e politici, è come d’incanto arrivato pronto all’occorrenza, e tra il fallimento dei tentativi bersaniani e le urla di Renzi che ogni giorno chiedeva una soluzione veloce, oppure le immediate elezioni, ha prontamente portato a casa il risultato. Renzi sa bene che i Letta non s’impressionano davanti ai proclami e ai battage mediatici, loro ci sono, e attendono con pazienza la vera sfida. Una partita tutta imbandita dentro il campo moderato, in quella parte del PD che ancora una volta si avvantaggia delle incapacità tattiche della ben più numerosa e portatrice di voti dell’ala sinistra interna, uscita alla fine umiliata e per ora senza un vero progetto in vista del Congresso e delle elezioni future. Il governo Letta non favorisce la scissione, ne agita la possibilità dalla posizione di comando, brandendo con dolcezza la spada dell’inevitabilità di un percorso comune. In attesa, che la sinistra interna (di cui comunque sia Letta e sia Renzi non possono prescindere se vogliono mantenere i loro differenti poteri del momento) superi la fase dell’infantilismo scissionista e degli happening spontaneisti nei territori, i due ex democristiani, più o meno giovanili, si confronteranno senza esclusioni di colpi. Da decidere sono solo le forme e i tempi, ma il conflitto esploderà, perché il sindaco non può certo interrompere la sua carriera da star televisiva, mentre il premier con difficoltà e pazienza cercherà di rimettere un po’ di ordine nel caos provocato dalla crisi e aggravato dal governo Monti. Ciò che complica la gloriosa marcia del fiorentino è il tempo, la possibilità che la carica propulsiva si esaurisca e, com’è accaduto ad altri, e arrivi al momento topico stanco e già vecchio. Ecco perché per Renzi è necessario avviare immediatamente il Congresso, e valutare se in prima persona assumere la segreteria del PD, tentazione non scevra da forti rischi, perché un conto sono le Primarie per la premiership un altro quello per conquista Sant’Andrea delle Fratte.  Fino al momento prima dell’insediamento del governo Letta suonavano dolci le sirene cullate dalle correnti di lode e promesse di eterno amore nei confronti del fiero De Medici del 2000. Ora i canti si sentono in lontananza e la possente portaerei renziana, naviga meno sicura verso Itaca.  I post comunisti sono un disastro nell’acchiappare il vero potere, in questa vicenda ne hanno sbagliata una dietro l’altra, impettiti da una vacua arroganza, che si è dissolta davanti al soave lento incedere degli ex popolari, ma a tirar trappoloni, compattare le truppe, organizzare congressi, son maestri, per questo Renzi deve ora davvero scegliere e stringere qualche patto, o al suo generoso giovanilismo sarà preferita una tradizionale messa, che val sempre recitare, in qualsiasi tradizione liturgica sia convocata.

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«Legge sulle coppie gay» Diventa un caso l’apertura di Bersani

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«Basta con il far west, serve una legge per le unioni civili»: Pier Luigi Bersani invia il suo messaggio al Gay Pride nazionale di Bologna, scegliendo di rompere gli indugi e di usare quelle parole chiare che finora non aveva mai pronunciato.

L’altro giorno la mossa a sorpresa sulle primarie, ora questa uscita sugli omosessuali: il segretario sembra aver innestato la quarta. Ed effettivamente è così. Con i compagni di partito il leader non ha nascosto la propria insofferenza nei confronti di come viene dipinto il Pd: «Fanno la nostra caricatura, descrivendoci come un partito fermo, immobile. Adesso basta, è il tempo di muoverci e di prendere delle iniziative». Detto, fatto. Bersani ha parlato con due importanti esponenti Pd del mondo gay, Aurelio Mancuso, presidente di Equality, e Andrea Benedino, e dopo essersi consultato con loro ha mandato quel messaggio: «Non è accettabile che in Italia non si sia ancora introdotta una legge che faccia uscire dal far west le convivenze stabili tra omosessuali, conferendo loro dignità sociale e presidio giuridico». (altro…)

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