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Roma: la cieca violenza è alimentata dai cattivi maestri

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Come non rimanere increduli davanti alla morte di un giovane di appena 25 anni, deceduto a causa del pestaggio subito l’altra notte in Rione Monti? Come non allarmarsi per il ripetersi di episodi di aggressione nei paraggi del Gay Village ad opera di vere e proprie squadracce? La politica degli annunci e delle retoriche condanne ha stancato. Le istituzioni devono assumere provvedimenti adeguati dal punto di vista della concreta sicurezza dei quartieri e dei luoghi dell’aggregazione. Ma c’è da sottolineare che la responsabilità morale maggiore è di chi negli ultimi anni incita all’odio contro le persone gay, migranti, disabili, culturalmente differenti, ecc. C’è un intero blocco politico e culturale che non sopporta la libertà, le espressioni culturali e sociali, che per fortuna presidiano le notti oscure delle metropoli italiane, sempre più deserte, sempre più abbandonate. Nel degrado, nella noia, nella mancanza di punti valoriali, si alimentano l’odio e la violenza di cui troppi politici pericolosamente si servono per accreditare una società mono cromatica, falsamente ordinata, paurosamente rinchiusa nel coprifuoco imposto dalla scarsità dei mezzi pubblici a disposizione, delle zone che da una certa ora in poi, sono in mano a bande di balordi, gruppi violenti a volte con tinte politiche ben precise. Il dolore per la perdita di una vita di un giovane musicista e per le continue aggressioni nei confronti delle persone lgbt, deve far individuare con chiarezza, oltre che gli esecutori materiali, anche i cattivi maestri, che bisogna con nettezza isolare.

 

Aurelio Mancuso presidente Equality Italia

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Il consulente di Obama incorona Genova città dei diritti

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Repubblica ed Genova – 03/05/2011 – di Donatella Alfonso

«Non c´è differenza tra i diritti civili: sono comunque di tutti, che si tratti di bianchi e di neri, di omosessuali o altro. Per questo bisogna lottare. Il presidente Obama ha dato la certezza che le libertà garantite dalla Costituzione americana devono sempre essere rispettate. Questa è la cosa più importante». Stuart Milk, avvocato americano consulente di Barack Obama in campagna elettorale per i diritti civili, ha raccolto l´eredità militante dello zio Harvey Milk, il politico bandiera dei diritti civili dei gay che nel 1978 fu assassinato insieme al sindaco di San Francisco George Moscone (la vicenda raccontata da Sean Penn nel film Milk). Lui, l´avvocato che ha fondato e presiede la Harvey Milk Foundation, a difesa di tutti i diritti civili, inizia da Genova, città dei diritti, un viaggio italiano, con il quale insieme al movimento Equality Italia guidato da Aurelio Mancuso, si sensibilizzi il mondo politico proprio sulla necessità di dare voce ai diritti civili, come si è ripetuto nell´incontro di ieri sera a Palazzo Tursi. E Marta Vincenzi, ha chiarito Mancuso – un aereo in ritardo ha impedito l´incontro a quattr´occhi tra Milk e la sindaco – «non solo fa parte del comitato d´onore di Equality Italia, ma ci ha chiesto di collaborare a riflettere, in vista dell´adozione del nuovo piano regolatore, sulla città dell´opportunità».

 

Genova e i diritti civili “Il luogo delle opportunità”

“Il luogo delle opportunità” Stuart Milk: “Ecco dov´è la forza di Obama”

Il militante per le libertà civili ieri a Tursi. Mancuso: da qui un impegno contro l´omofobia

Cos´è la città delle opportunità? «Una città in cui si tenga conto anche delle diverse famiglie, i tanti single, le coppie di fatto gli studenti, chi ci vive per un periodosoltanto: e quindi le varie necessità che tutti portano – risponde Mancuso – Alla Vincenzi daremo, quindi, le nostre riflessioni per disegnare una città che sia a misura di tutti». Ma Genova, che ha dimostrato la sua apertura al movimento LGBT con il gay pride del 2009, si pone anche come città contro l´omofobia: una nuova campagna contro tutte le discriminazioni, non solo quelle relative al genere sessuale, sarà sostenuta anche dal Comune, ha garantito la sindaco, insieme ad altri comuni italiani e a diversi soggetti, associativi e anche politici, confidano ad Equality Italia. Stuart Milk, intanto viaggia per il mondo, tiene conferenze, assiste e difende le associazioni per i diritti degli omosessuali, spiega agli studentiquale sia stata l´importanza dell´azione dello zio, quarant´anni fa; e con grande commozione, al di là di aver fatto parte del suo staff, ha ricevuto da Obama la Medal of Freedom , la Medaglia della Libertà, alla memoria dello zio.«Mi fa piacere essere accolto qui a Genova, che so che ha voluto definirsi città dei diritti – spiega Milk – certo, è un intento importante, ma resta molto da fare».E non soltanto, ricorda l´attivista americano, per quanto riguarda il riconoscimento del matrimonio gay, che la California aveva deciso di abolire sottoponendo poi il tema ad un referendum popolare che l´ha ristabilito: «Insomma, quello in fondo è un tema che riguarda il 2-3% della popolazione.

Ma i diritti civili sono altro. Anche negli Stati Uniti: ricordiamoci che ancora negli anni ´60 in Virginia bianchi e neri non potevano viaggiare insieme sul bus, che c´era una separazione tra le persone – aggiunge Stuart Milk – E questo anche se esistono leggi che garantiscono gli stessi diritti a tutte le persone». L´elezione di Barack Obama, di cui è stato collaboratore in campagna elettorale, ha cambiato ancora l´America , ha dato la possibilità di avere nuove leggi, ancora più garantiste? «Io penso che non ci sia bisogno di nuove leggi, semplicemente di far applicare quelle che già esistono – ribatte Milk – E in questo caso l´azione di Obama è stata formidabile. Non ha fatto altro che rinforzare la Costituzione…».

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“Quando c’era Berlinguer” Veltroni dimezza lo statista comunista – settimanale gli Altri

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quando-cera-berlinguer-locandina-qds-620x330di Aurelio Mancuso

I ragazzi non sanno chi fosse Enrico Berlinguer. Con questo incipit si apre il film documentario di Walter Veltroni “Quando c’era Berlinguer” che da oggi venerdì 27 marzo sarà nelle sale di tutta Italia, per poi approdare a giugno su Sky che l’ha prodotto con il contributo del Ministero della Cultura. Le duemila persone accorse all’anteprima proiettata all’Auditorium alla presenza del presidente della Repubblica e della famiglia dello statista comunista, invece sapevano benissimo chi fosse uno dei protagonisti della storia italiana dal dopo guerra fino ai primi anni ottanta. La differenza tra le generazioni dei militanti, persino le più recenti che in qualche modo magari tenteranno di prepararsi un po’ prima di visionare la pellicola, e i giovani italiani odierni è abissale e c’è forse un pizzico di cattiveria da parte dell’autore nell’insistere fin da subito che sarà difficile colmarla. D’altronde la narrazione veltroniana non spiega quasi nulla della genesi politica di Enrico Berlinguer, non contestualizza in alcun modo la sua azione all’interno di un quadro internazionale egemonizzato dai blocchi contrapposti atlantico e sovietico. Il regista da’ per scontato tutta una serie di passaggi che invece non lo sono, visto che proprio la memoria storica è una qualità di cui difetta il popolo italiano. Non è un racconto sufficiente del capo dei comunisti italiani, perché ne mitizza alcuni aspetti e ne dimentica colpevolmente altri. (altro…)

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Il grigiore di Mario, il colore di Silvio. Ma sono la stessa identica cosa

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Dopo tanti anni di libertinaggio politico classista, ora si è inaugurata la stagione della sobrietà, concetto positivo, che però nell’intenzione dei propugnatori va inteso come una più approfondita campagna moralista sui costumi, letteralmente intesi, e sugli atteggiamenti e i linguaggi. Insomma questo Paese non ce la fa proprio a essere moderato, bisogna passare dai Bunga Bunga alla recita collettiva della Compieta. Naturalmente così come il libertinaggio sfrontato, machista e classista di Berlusconi procurava forti sentimenti di contrarietà, anche la crociata sulla sobrietà a breve sarà contrastata e ridicolizzata. Per portarmi avanti, da buon moderato, mi pronuncio contro l’idea che la dignità delle istituzioni, il ristabilirsi di un minimo di decoro e di rispetto nei confronti dei generi, delle persone che ogni giorno in silenzio mandano avanti l’Italia che produce, passi attraverso un’acquisizione generalizzata di uno stile calvinista. continua a leggere

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Altro che antiamericani, i diritti abitano a Manhattan

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SETTIMANALE GLI ALTRI venerdì 1 luglio 2011

di Aurelio Mancuso

Nella Grande Mela, lui e lui dicono sì.Vince l’azione lobbistica trasversale

Era il 28 giugno 1969 quando a New York, grazie a un manipolo di coraggiose travestite scoccava la scintilla della rivolta lgbt dello Stonewall, che sarebbe deflagrata in tutto il mondo, con ondate successive pacifiche e determinate a conquistare la luce del sole, dopo secoli di oscurità e clandestinità. Dopo quarantuno anni le persone lgbt tornano di notte a invadere la Grande Mela, ma per festeggiare proprio negli stessi giorni del 1969, la conquista del matrimonio gay. Con Iowa, Connecticut, Massachusetts, Vermont, New Hampshire, lo Stato di New York diventa il sesto stato americano a rendere effettiva la parità assoluta tra coppie etero e coppie gay. La situazione negli Stati Uniti è complessa, ci sono Stati dove ancora esiste il reato di sodomia, altri dove città riconoscono diritti alle coppie gay, in generale da quasi quarant’anni tra passi avanti e brusche frenate, se ne discute e ci si divide. La votazione del Senato newyorkese ha rivelato un voto trasversale, con l’apporto decisivo di alcuni esponenti repubblicani, parte politica generalmente avversa ai matrimoni gay, che hanno anche sostenuto la legge con grande coraggio. L’era Obama, primo presidente a pronunciarsi con chiarezza per il riconoscimento giuridico delle coppie gay, e da qualche giorno anche possibilista sui matrimoni, spinge l’intera federazione americana a non fermarsi sul tema dei diritti civili. D’altronde se si guarda la storia degli USA, paese schiavista, dilaniato da guerre civili, da culture politiche e sociali nettamente contrapposte, non si può rimanere affascinati dalla capacità di operare grandi rotture, di trascinare tutto il mondo libero a cambiamenti dirompenti. Proprio il tema dei diritti civili, rimane centrale in una società talmente mescolata da etnie, religioni, convincimenti ideali così differenti fra loro, da essere in qualche modo obbligata a mutare, a porsi la questione dell’equilibrio da ricercare continuamente per mantenere la pace sociale, l’assunzione dei conflitti. E se ancora oggi la popolazione nera è sostanzialmente più svantaggiata di quella bianca, se non si sono rimarginate la ferite storiche con i popoli nativi, se nord e sud mantengono tratti di disparità culturale proprio sui diritti civili, se la frontiera meridionale è una polveriera sempre pericolosamente surriscaldata, tutto questo non impedisce una lenta progressione. L’Italia e gli Stati Uniti sono imparagonabili, però quello che è avvenuto a New York la settimana scorsa, rivela che l’America dei diritti ha ripreso, come accade ciclicamente, la sua corsa, e questa ha sempre influenzato tutto l’Occidente, a cominciare dall’Europa. La novità rispetto a un tempo è che l’Europa sostanzialmente è sulla stessa scia, anzi ha anticipato in alcune sue aree il riconoscimento dei diritti civili per i gay, che l’America Latina con Argentina e Brasile, i due stati guida del continente, ha iniziato il suo cammino e nel tempo si apriranno contraddizioni a Est, dai Balcani per arrivare fino in Cina. Anche nei paesi lontani, persino ostili, come quelli teocratici e islamici, si sono affacciati movimenti d’opinione e di piazza che includono la libertà delle donne e delle persone lgbt. Insomma il mondo si muove, mentre l’Italia, rimane rinchiusa in una sorta di autarchia della discriminazione. Per operare una traslazione non corretta sul piano dei poteri istituzionali, però comprensibile sul piano della tecnica di approccio politico, in Italia la speranza per una nuova stagione dei diritti civili si chiama Comuni, Province, Regioni. Quei livelli istituzionali dove con più chiarezza si è per ora espressa una volontà di cambiamento è il banco di prova per un nuovo movimento per i diritti civili di tutte e di tutti. Nelle città e nelle altre istituzioni locali cresce una classe politica nuova, che nella lunga rincorsa per la riconquista del governo nazionale, può far comprendere alle leadership che l’alternativa passa anche da qui, dal ritenere i diritti civili uno dei volani strutturali del riscatto economico e sociale dell’intero Paese. Pisapia, De Magistris, Fassino, Merola (che un po’ si deve chiarire le idee) e tutti gli altri sindaci, presidenti di Province e Regioni, possono rappresentare una vera speranza, così come i movimenti che in questi anni si sono espressi su differenti temi, devono avere la capacità di ricercare una piattaforma comune. La spinta deve essere univoca e forte, come ci hanno insegnato i movimenti dei diritti civili statunitensi, cui dobbiamo esser grati nell’indicarci con chiarezza strategie e strumenti innovativi. Cosa non dobbiamo fare? Illuderci che ora sia sufficiente mantenere saldi i principi giustamente evocati in questi anni, che sia “naturale” che il centro sinistra non compia più gli errori del passato. La trasformazione del nostro campo invece è ancora tutta da perseguire, se si vogliono vincere le elezioni bisognerà abbandonare, per fortuna, giustizialismi, furbizie, tentennamenti programmatici, populismi e leaderismi affascinanti, parole d’ordine demagogiche e sognanti. Di sogni i cittadini eterosessuali e gay italiani ne hanno visti raccontare moltissimi, alla fine la loro condizione concreta è peggiorata. Fatti signori miei, e pure convincenti, così come ci insegnano da oltreoceano.

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