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I civatiani duri e puri votano Toia l’antigay voluta da Renzi. Perché? In cambio incarichi

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ilgarantista testatadi Aurelio Mancuso quotidiano il Garantista

L’altra sera il gruppo del Pd al Parlamento europeo si è riunito per eleggere il proprio capo delegazione, due i candidati che si sono confrontati: Patrizia Toia areadem, renziana, cattolica clericale, Antonio Panzeri minoranza cuperliana, laico. La prima ha ricevuto 19 voti il secondo 11 e, elemento che ha fatto scattare la polemica sui social network, i quattro parlamentari di area civatiana Daniele Viotti, Elly Schlein, Renata Briano e Elena Gentile hanno appoggiato Toia.  L’area civatiana che sparge a destra e manca lezioni di purezza ideologica, di coerenza sui diritti civili, soprattutto di esser l’unica componente che nelle Primarie per l’elezione del segretario, ha detto a chiare lettere che era per il matrimonio gay, ha sostenuto una delle esponenti dell’area cattolica interna al Pd, più retriva e avversaria a qualsiasi riconoscimento di parità per le persone e le coppie lgbt. Famosa una lettera scritta con Silvia Costa (altra esponente dell’area cattolica) dove si chiedeva “ (…) resta un quesito di fondo che meriterebbe un franco e aperto confronto tra noi, anche sollecitati dalla sentenza della Cassazione: il principio di non discriminazione per orientamento sessuale, assolutamente condivisibile sul piano umano, etico, politico e giuridico, può essere invocato per rendere indifferente lo status del matrimonio rispetto alla sua natura e cultura di compresenza di un uomo e di una donna, fondata sulla reciprocità della differenza sessuale e orientata (non certamente vincolata) alla procreazione, senza provocare una mutazione antropologica e un indebolimento della costruzione dell’identità sessuale di bambini e bambine?” La domanda è naturalmente retorica e percorrere le stesse teorie che Giovanardi, Roccella e tanti altri politici cattolici di destra accreditano ogni giorno per impedire che la legge contro l’omofobia, e soprattutto quella per il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali abbiano una possibilità nell’unico grande paese europeo ancora sguarnito. Scalpore ha provocato il voto alla fine della passata legislatura quando sei deputati del PD, tra cui Costa e Toia, si astennero sul Report on Sexual and Reproductive Health Rights, firmato dall’europarlamentare socialista Edite Estrela, contribuendo a farlo bocciare.  Si trattava di un documento che aveva intenzione di impegnare gli stati a fare molto di più per la salvaguardia dei diritti riproduttivi e l’autodeterminazione delle donne, sulla contraccezione, l’educazione sessuale, l’aborto, le malattie sessualmente trasmissibili, fino alla lotta contro ogni forma di discriminazione e di omofobia. Insomma Patrizia Toia ha un pedigree di tutto rispetto nei confronti dei diritti civili e le libertà, che non ha mai nascosto, anzi fieramente sostenuto in tutte le sedi politiche e istituzionali. Il sostegno della truppa civatiana alla sua elezione a capo delegazione, prontamente derubricata a ruolo “funzionale”, quasi che si tratti di una figura apicale amministrativa, sta creando ai duri e puri della sinistra dai natali monzesi, molti mal di pancia e, non sono poche le persone che sul web chiedono conto dell’operato. E’ chiaro che essendosi trovati in una situazione di ago della bilancia (nel caso avessero sostenuto Panzeri il gruppo, si sarebbe diviso esattamente a metà) i civatiani abbiano concordato con la nuova capo delegazione una sorta di spartizione delle cariche, fatto assolutamente lecito e pacifico nei partiti, ma certamente stridente per chi predica  l’astinenza rispetto alla  immorali pratiche della casta. Insomma il nuovo tesoriere Daniele Viotti, unico omosessuale dichiarato del gruppo Pd a Strasburgo ha sostenuto l’omofoba e clericale Patrizia Toia. La ragion di partito può spiegare tutto, anche appunto metterla sul piano tecnico, la politica è altra cosa. Da segnalare che tra i sostenitori di Toia, spiccano Sergio Cofferati, Cécile Kyenge, Mercedes Bresso, Alessandra Moretti, tutti sottoscrittori degli impegni chiesti da Arcigay in campagna elettorale.

 

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Contro lo sfruttamento, meno ideologia e più politica – settimanale gli Altri

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ROMA, L’ESEMPIO DELL’IX MUNICIPIO

di Aurelio Mancuso

La prostituzione con cui ogni giorno devi fare i conti la trovi soprattutto nei quartieri periferici, nei luoghi abbandonati, bui, giardini incolti, vie di grande scorrimento, sulle scalinate delle basiliche, di notte ma anche di giorno. La prostituzione quella più povera, per la gran parte in mano ai diversi racket delle tratte delle schiave, delle minorenni, che mostra letteralmente il suo volto degradato, della carne in esposizione tra gli incroci e risacche urbane. Non è, quindi, un caso che giorni fa il IX Municipio di Roma, in un Consiglio tematico, con il contributo del Comando dei Vigili, aperto alle associazioni dei cittadini e di volontariato, sia tornato sull’argomento. Perché nessuna crisi economica ferma un fenomeno da troppo tempo regolato da una legge, quella Merlin, all’epoca rivoluzionaria e che giustamente cancellò la vergogna delle case di tolleranza, che oggi risente pesantemente la sua inadeguatezza rispetto ai tempi moderni. Dalla prostituzione via internet, passando per l’autorganizzazione in case private e club, fino al dramma delle migliaia di ragazze e donne obbligate a vendere il proprio corpo, la questione prostituzione (non solo femminile) è ingestibile, e le poche modifiche apportate al testo originario, non hanno fatto altro che evidenziare la necessità di una riforma complessiva. (altro…)

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L’arcipelago lgbt deve uscire dal vittimismo – settimanale gli Altri

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bandiera rainbowForastico a qualsiasi moda rottamatrice che sta trasformando il dibattito pubblico in una sorta di gioco circense dell’antica Roma, e rammentando che il movimento lgbt italiano è l’unico che dai primi anni ’70, con alterne fortune, atti eroici, diffuso ostracismo da parte della classe politica, durissima opposizione della chiesa cattolica, è giunto fino a noi con una forza sociale molto importante, voglio spiegare perché a mio avviso, va completamente riorganizzato. Più che un movimento, l’arcipelago lgbt, è una rete plurale e territorialmente presente anche in piccole realtà e, dalla metà degli anni ’90 ha fatto un gran salto di irrobustimento e capacità di prendere la parola sui mass media. Analisi liquidatorie e poco informate (purtroppo anche nella collettività lgbt la memoria è labile) dipingono i due ultimi decenni come una lunga sequela di sconfitte. Invece l’esplosione della visibilità lgbt, con il World Pride del 2000 (che provocò molte polemiche interne al movimento) ma che Imma Battaglia seppe trasformare nella più grande risposta laica e libertaria alle interdizioni vaticane che non volevano alcuna manifestazione nella Capitale nell’anno del Giubileo, ha vinto nella società, espresso negli anni successivi una vivacità aggregativa e culturale molto importante. (altro…)

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“Quando c’era Berlinguer” Veltroni dimezza lo statista comunista – settimanale gli Altri

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quando-cera-berlinguer-locandina-qds-620x330di Aurelio Mancuso

I ragazzi non sanno chi fosse Enrico Berlinguer. Con questo incipit si apre il film documentario di Walter Veltroni “Quando c’era Berlinguer” che da oggi venerdì 27 marzo sarà nelle sale di tutta Italia, per poi approdare a giugno su Sky che l’ha prodotto con il contributo del Ministero della Cultura. Le duemila persone accorse all’anteprima proiettata all’Auditorium alla presenza del presidente della Repubblica e della famiglia dello statista comunista, invece sapevano benissimo chi fosse uno dei protagonisti della storia italiana dal dopo guerra fino ai primi anni ottanta. La differenza tra le generazioni dei militanti, persino le più recenti che in qualche modo magari tenteranno di prepararsi un po’ prima di visionare la pellicola, e i giovani italiani odierni è abissale e c’è forse un pizzico di cattiveria da parte dell’autore nell’insistere fin da subito che sarà difficile colmarla. D’altronde la narrazione veltroniana non spiega quasi nulla della genesi politica di Enrico Berlinguer, non contestualizza in alcun modo la sua azione all’interno di un quadro internazionale egemonizzato dai blocchi contrapposti atlantico e sovietico. Il regista da’ per scontato tutta una serie di passaggi che invece non lo sono, visto che proprio la memoria storica è una qualità di cui difetta il popolo italiano. Non è un racconto sufficiente del capo dei comunisti italiani, perché ne mitizza alcuni aspetti e ne dimentica colpevolmente altri. (altro…)

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Marino a un bivio: fallimento o rilancio – settimanale gli Altri

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marinourlantedi Aurelio Mancuso

A differenza di molti che già stanno recitando il De Profundis dell’amministrazione Marino, ritengo che il sindaco, e persino un pezzo della sua squadra, possano ancora farcela a mantenere la promessa di aiutare Roma  a riemergere dal profondo scoramento. Messe in un angolo riunioni di sapor decisionale, il primo cittadino deve riuscire a guarire se stesso e comprendere che non tutta la politica dell’Urbe è figlia di tramini, correnti, trappoloni trasversali. Allo stesso modo la sua maggioranza, che pubblicamente sembra soffrire assai della conduzione fantasiosa e solitaria del chirurgo, non ha finora proposto un vero progetto amministrativo degno di nota. I principali partiti, che sostengono Ignazio Marino, nella Giunta hanno qualche ottimo rappresentante, in Consiglio pregevoli elementi che sprecano troppo tempo a rivaleggiare, nei Municipi hanno a disposizione una diffusa e fresca rete amministrativa, lasciata però troppo sola. Non mancano qua e là atteggiamenti di supponenza e arroganza che in alcuni Municipi si consumano per mantenere posizioni di rendita di personaggi anacronistici, ma nella gran parte dei casi invece le amministratrici e gli amministratori del centro sinistra sono potenzialmente un’enorme energia al servizio di un percorso complessivo che per ora manca. Colpevolmente le buone azioni territoriali non emergono soffocate dal polverone pubblico di recriminazioni, ingenuità gestionali, ambizioni frustrate. Per ora Roma continua a esser strozzata da un traffico insopportabile, a farsi ferire tutti i giorni dal passaggio nel centro storico di centinaia di autobus turistici ingombranti, inquinanti e maleducati. L’Urbe si paralizza a ogni acquazzone o appena spunta un’improvvisa manifestazione non autorizzata. I mali di Roma sono conosciuti e pubblicamente banditi ogni giorno da molti pigri media locali, sospirati nelle lunghe code che si formano negli sportelli dedicati ai servizi. Città disincantata e straordinaria, Roma continua a sopportare ciò che ciclicamente gli è imposto: un’anarchia sorniona, a tratti voluttuosa, che trasforma la sua irresistibile eterna decadenza in trappola mortale. Bisogna voler davvero bene a questa mescolante città, e Marino a suo modo glie ne vuole, confondendo però le pesantissime responsabilità della classe politica (che senza vergogna troneggia consigli e distribuisce populiste soluzioni) con la necessità di un dirigismo calvinista in completa dissintonia con l’anima dei Quiriti. L’eredità che ha raccolto è pesantissima: decine di miliardi di debito congelati in un fondo di rientro, centinaia di milioni di euro di passivo che ogni anno si accumula, decine di migliaia di persone che direttamente o indirettamente lavorano e quindi campano grazie al Comune. Strade disastrate, acquedotti colabrodo, periferie abbandonate, trasporto pubblico disorganizzato: la Roma quotidiana è questo, i suoi abitanti però la amano e rammentano che non è un destino ineludibile. Arduo dare indicazioni a un Sindaco che deve affrontare questo marasma, ma se il PD la smettesse di litigare x le stupide pecette interne di organismi dirigenti pletorici e cartonati, se SEL superasse la sindrome di minorità difendendo strenuamente i suoi piccoli feudi elettorali, forse si potrebbero fare passi in avanti. Ignazio Marino, invece di esasperarsi per i continui conflitti, che produce un’oggettiva incapacità di dialogare positivamente con la città, si concentri su come dare un senso politico e sociale al suo mandato. Le romane e i romani, possono apprezzare scelte come la chiusura (un po’ pasticciata) dei Fori Imperiali, ma dove sono la volontà di fare dell’Urbe una città a misura di bambini, oppure del recupero di volumi dismessi per avviare attività commerciali e riattivare politiche abitative popolari? E’ probabile siano state avviate grandi cose, ma nessuno lo sa, perché la Giunta sembra ammutolita. In occasione della predisposizione del Bilancio 2014, Marino, può scrollarsi di dosso questi primi faticosi mesi, puntare su una narrazione chiara sulle scelte di fondo, concordando una comunicazione e una strategia comune, innanzitutto con il Pd metropolitano che gli ha promesso un aiuto. Roma è scafata e scettica, ma sa voler bene a chi la rispetta e usa il linguaggio della verità, e delle concrete volontà di cambiamento. Infine, in questa città si gioca una partita politica importante, la tenuta e l’ampliamento di un governo del centro sinistra che mantiene saldo il rapporto con Sel, per influenzare nel futuro anche strategie nazionali. Il fallimento dell’esperimento Marino, sarebbe un colpo quasi mortale per chi continua a credere che quella strada deve essere perseguita.

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