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La silenziosa guerra tra i moderati Enrico e Matteo – settimanale gli Altri

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pd puzzledi Aurelio Mancuso

Giocano una partita sullo stesso terreno politico e ideale Enrico Letta e Matteo Renzi. Dentro lo scontro drammatico tra correnti, e soprattutto nella base in continua ebollizione, il nuovo premier azzarda e costruisce una compagine governativa moderata, in Europa si direbbe liberale conservatrice, di cui la delegazione del Pd, se si eccettuano alcune presenze, è in linea. Hanno vinto gli ex democristiani dentro e fuori i partiti, le colombe che veleggiano di generazione in generazione nel potere che conta, che nei momenti difficili della Repubblica (che non ha mai pace) si appollaiano serene e sobrie sulla plancia di comando. Il sindaco di Firenze non può che abbozzare, pubblicamente esultare  sottolineando che i big sono rimasti fuori, che è avvenuta una sostanziale rottamazione, quasi definitiva. Renzi sa che più Letta prenderà le misure, riuscirà magari a produrre qualche provvedimento efficace sul fronte della crisi economica, e più per lui il futuro politico si complica. A differenza del vice segretario del Pd, il rottamatore, non ha ancora potuto esibire una squadra di governo sensata, che tranquillizzi i poteri, sempre eterni della finanza nostrana e dell’industria, delle fondazioni in cui si mascherano massoni, clericali, e poteri di ogni sorta. Per ora Renzi è un bel trailer di un film annunciato, ma di cui non si sa quando vedremo le prime scene. Enrico Letta, nel silenzio, nella sobrietà declamata, nei convegni di Vedrò, nella tessitura di una larga rete di rapporti personali e politici, è come d’incanto arrivato pronto all’occorrenza, e tra il fallimento dei tentativi bersaniani e le urla di Renzi che ogni giorno chiedeva una soluzione veloce, oppure le immediate elezioni, ha prontamente portato a casa il risultato. Renzi sa bene che i Letta non s’impressionano davanti ai proclami e ai battage mediatici, loro ci sono, e attendono con pazienza la vera sfida. Una partita tutta imbandita dentro il campo moderato, in quella parte del PD che ancora una volta si avvantaggia delle incapacità tattiche della ben più numerosa e portatrice di voti dell’ala sinistra interna, uscita alla fine umiliata e per ora senza un vero progetto in vista del Congresso e delle elezioni future. Il governo Letta non favorisce la scissione, ne agita la possibilità dalla posizione di comando, brandendo con dolcezza la spada dell’inevitabilità di un percorso comune. In attesa, che la sinistra interna (di cui comunque sia Letta e sia Renzi non possono prescindere se vogliono mantenere i loro differenti poteri del momento) superi la fase dell’infantilismo scissionista e degli happening spontaneisti nei territori, i due ex democristiani, più o meno giovanili, si confronteranno senza esclusioni di colpi. Da decidere sono solo le forme e i tempi, ma il conflitto esploderà, perché il sindaco non può certo interrompere la sua carriera da star televisiva, mentre il premier con difficoltà e pazienza cercherà di rimettere un po’ di ordine nel caos provocato dalla crisi e aggravato dal governo Monti. Ciò che complica la gloriosa marcia del fiorentino è il tempo, la possibilità che la carica propulsiva si esaurisca e, com’è accaduto ad altri, e arrivi al momento topico stanco e già vecchio. Ecco perché per Renzi è necessario avviare immediatamente il Congresso, e valutare se in prima persona assumere la segreteria del PD, tentazione non scevra da forti rischi, perché un conto sono le Primarie per la premiership un altro quello per conquista Sant’Andrea delle Fratte.  Fino al momento prima dell’insediamento del governo Letta suonavano dolci le sirene cullate dalle correnti di lode e promesse di eterno amore nei confronti del fiero De Medici del 2000. Ora i canti si sentono in lontananza e la possente portaerei renziana, naviga meno sicura verso Itaca.  I post comunisti sono un disastro nell’acchiappare il vero potere, in questa vicenda ne hanno sbagliata una dietro l’altra, impettiti da una vacua arroganza, che si è dissolta davanti al soave lento incedere degli ex popolari, ma a tirar trappoloni, compattare le truppe, organizzare congressi, son maestri, per questo Renzi deve ora davvero scegliere e stringere qualche patto, o al suo generoso giovanilismo sarà preferita una tradizionale messa, che val sempre recitare, in qualsiasi tradizione liturgica sia convocata.

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La nenia catto-comunista di Santa Boldrini Addolorata – settimanale gli Altri

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BOLDRINI ELETTA PRESIDENTE CAMERA/SPECIALENIENTE CONTRO LA PERSONA, MOLTO CONTRO IL PIAGNISTEO

di Aurelio Mancuso

Il dolore in politica attraversa i secoli dell’ipocrisia, dei pianti di coccodrillo, delle sceneggiate pubbliche e i cinismi privati. Nell’era moderna del disastrato Stato italiano, la contrizione e la condivisione delle sfighe provate dal popolo diventa un fattore essenziale di distinzione, per comporre un medagliere di atti di dolore che sia adeguato alla narrazione, che deve partire sempre dalla carne viva della società sinistrata. La pietas unita alla volontà della ragione è di esclusiva competenza della sinistra, che a differenza della destra non privilegia mai la violenza e l’individualismo come caratteri fondanti delle sue raffigurazioni allegoriche mediatiche. Il luogo del sangue, virile proposizione di un’etica guerresca dove si incontra la lascivia, fino allo sconfinamento dell’edonismo, del divertimento e della simpatia, è pienamente occupato dalla destra, in concreta sintonia con gli ancestrali sentimenti del popolo italiano. La sinistra invece campeggia con determinazione il luogo della sofferenza (di cui maestra è la chiesa cattolica con cui condivide molte pose pubbliche), della rinuncia e del dolore. Non deve, quindi, stupire se il discorso d’insediamento di Laura Boldrini a presidente della Camera, abbia rammentato un’antica orazione funebre. (altro…)

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Caro Barca, su gay e diritti civili il tuo manifesto è vecchio come il Pci.

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Fabrizio-BarcaDopo aver letto con pazienza, e qualche difficoltà le 55 cartelle del documento di Fabrizio Barca, i sentimenti che mi sovrastano sono: confusione, stupore, attesa. Non entro nel merito delle proposte economiche non avendo competenze adatte a commentare questa sorta di terza via proposta dal ministro, mi sembrano interessanti le suggestioni sui partiti, il loro necessario mutamento e soprattutto distacco dall’occupazione dello Stato. Non meno interessanti sono le analisi sul Pd, sul correntismo esasperato, e sull’effettiva carenza di democrazia. Anche le riflessioni sul come riorganizzare il campo della sinistra, la critica al mero utilizzo dei mezzi informatici (M5S) e di diversi e storici difetti del Pd induce a un approfondimento scevro da pregiudizi.

Cosa ingenera stupore? Si tratta di un lungo scritto d’impronta maschile, pensato con un sentimento neutrale, dove gli attori che agiscono nella società sono asessuati, dove le aspirazioni e le azioni sono spogliate da qualsiasi conflitto dei e tra i generi. Non una parola di senso sulla vera democrazia che si manifesta nell’uguaglianza di opportunità e di gestione dei poteri da parte dei generi. Le donne sono nominate in un solo passaggio, quando, nel ragionamento sulla riforma del Pd, si richiama la necessità di orari di apertura dei Circoli compatibili con quelli delle donne, degli anziani, e così via. Speriamo di aver tempo di aprire un reale confronto, ma il documento se intende essere una tesi politica, va completamente riscritto, perché una società di donne e di uomini pretende che le idee e le politiche siano davvero nominate. Consigliandomi di essere attendista, affronto la seconda questione.

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Mancuso (Equality Italia): importante il richiamo sulle unioni gay dal Presidente della Corte Costituzionale

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matrimonio-gay”Con chiarezza questa mattina il Presidente della Corte Costituzionale, nella sua relazione annuale di attivita’, ha rammentato come con la sentenza 138/2010 sia stato sollecitato il Parlamento a legiferare in materia di unioni dello stesso sesso. Franco Gallo ha quindi nuovamente esortato le Camere ad intervenire”. A sottolinearlo e’ Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia. ”Questo insistere da parte della Corte Costituzionale, e’ un segnale inequivocabile di quanto sia urgente una legge, ormai attesa da decenni, e della cui mancata approvazione e’ responsabile una classe politica sorda rispetto ai diritti civili di milioni di cittadini italiani”, conclude Mancuso.(ANSA).

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Papa Francesco: non chiamatelo progressista – settimanale gli Altri

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Papa-Francesco

E sui gay è nel solco della tradizione

di Aurelio Mancuso

Ci sono diversi fraintendimenti che vanno chiariti. In primo luogo l’elezione del papa Francesco non è per ora  un segnale di concreto mutamento della complessa realtà che va sotto il nome di chiesa cattolica. Ho già chiarito in altro articolo che un papa non può da solo smontare, se mai lo volesse, un’organizzazione che ha nell’esistenza dello Stato Vaticano  il peccato storico di una chiesa-potere che il Concilio Vaticano II ha tentato timidamente di mettere in discussione. Da un arcivescovo latino americano, gesuita, rigorista e dalle visioni morali e sociali tutte intrise di conservazione, cosa ci si può attendere? Un altalenante ambiguità tra la necessità di modernizzare (che per la sua mentalità si ispirerà a un tentativo di rielaborazione della chiesa patristica) e una proposizione pastorale di concetti conservatori in materia di libertà, secolarizzazione, diritti civili. Un fermo e duro sostenitore dei fondamenti su cui poggia una chiesa da riformare, ma di cui non mettere in discussione alcuni pilastri, su cui convergono tutte le anime politiche e teologiche del collegio cardinalizio. Per questo bisogna mettere sull’avviso tutti i superficiali commentatori che indicano Bergoglio come “progressista”. (altro…)

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