Dopo Siena: non buttiamo le lotte del passato
Settimanale gli Altri venerdì 15 luglio 2011
di Aurelio Mancuso
La gioia di veder riunite, dopo la grande manifestazione del 13 febbraio, centinaia di donne che hanno cercato di elaborare il lavoro svolto e spingerlo in avanti, mi consente di rilevare alcune questioni che ritengo non rinunciabili. Sul filo logico costituito da precarietà e lavoro, maternità e tempi, rappresentanza e rispetto del corpo e della dignità, le due giornate hanno articolato approfondimenti e ampliato temi, pensieri, proposte. Mi è però sembrato di scorgere vuoti di memoria, soprattutto il tentativo di rimuovere il pensiero carsico, contradditorio, conflittuale del femminismo italiano. La stessa centralità tra lavoro e maternità come paradigmi di un impegno per appropriarsi di spazi e rispetto nei confronti dell’uomo, ha un sapore antico, arretrato, quasi non ci fossero state le battaglie degli anni ’60 – ’80sull’autodeterminazione, che è oltre la dignità, che coniuga l’autonomia del corpo al rifiuto di imprigionarlo esclusivamente alla riproduzione, alla sessualità della strutturazione dei sistemi maschili. Probabilmente c’è la voglia di trovare parole nuove rispetto a termini come patriarcato, machismo, violenza dell’uomo, ma allo stesso tempo non si possono rimuovere questioni essenziali per comprendere ciò che è stato e ciò che oggi siamo. Il giudizio sull’operazione culturale della destra berlusconiana, straordinariamente machista, non può concentrarsi esclusivamente sul prodotto televisivo e commerciale, e mercificante delle veline, perché rischia il moralismo. Ho sentito poche e sottovoce critiche alla sinistra maschilista, sostenuta anche da molte donne di potere. Per fortuna il dibattito ha rotto il silenzio del documento preparatorio nazionale, dalle donne delle città sono stati proclamati i diritti civili, le libertà, il pensiero lesbico, le rivendicazioni sulle unioni civili. Sarebbe bene non solo ascoltarle queste donne, ma correggere il pensiero un po’ chiuso delle premesse. Ultima nota: ma il ruolo storico della gerarchia cattolica e negli anni del berlusconismo, rispetto alla misoginia e alla negazione della libertà proprio non interessa?
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