Una cosa è certa la fiducia e il senso di appagamento sociale non alberga tra le tante coppie gay e lesbiche. Si avverte di appartenere a un mondo nuovo troppo lontano da venire, una sensazione che soffoca qualsiasi entusiasmo, a volte mette a dura prova le nostre stesse relazioni d’amore e anche amicali, perché percepite come non complete, non accettate, da una società italiana familista e bonaria, che sa essere così crudele e distante. Per la prima volta nella nostra storia di collettività in costruzione, diverse generazioni di omosessuali che sono in coppia, che convivono, condividono la condizione oggettiva di soggettività senza diritti. E per chi oggi ha dai quaranta agli ottanta anni, si concretizza l’evidente incubo, che il tempo di una propria regolarizzazione, non potranno mai viverlo. In questo profondo senso di sconforto, attenuato fatuamente dalla capacità negli ultimi anni di auto organizzarsi celebrazioni per promettersi pubblicamente amore, e così via, la speranza non alberga più. La politica si è bloccata: l’insipienza delle sinistre e la crudeltà della parte maggioritaria delle destre, determina una paralisi legislativa di cui le ultime due bocciature della legge sull’omotransfobia sono l’esempio lampante. Non ci crede nessuno, che dopo il governo Monti (così fortemente sostenuto e rappresentativo della Cei), possa vincere uno schieramento che davvero affronterà la questione di una pur minimo riconoscimento giuridico delle coppie gay, altro che matrimonio… Che fare? Direi nulla che possa far illudere il nostro popolo già così intimamente deluso. Nulla che possa aggiungere ai tanti schiaffi subiti, anche la beffa di subire una lunga stagione di propaganda in vista delle elezioni politiche del 2013. Non c’è nulla da fare, se non ricostruire, ma davvero. Perché l’altra faccia della medaglia è che dopo il 2006 i gay italiani son tornati a casa e non ci credono più. Hanno affollato, oltre i soliti Pride, manifestazioni nazionali importantissime, che hanno reso possibile il miracolo di un sostegno largamente maggioritario dell’opinione pubblica sull’allora proposta condivisa dei PACS. Poi, il centro sinistra uccise quel movimento con la scandalosa proposta dei DICO, la pantomima dei CUS. Per restituire, dopo cinque anni, un po’ di verità, non fu Prodi ad affossare quel pur misero tentativo, ma la pavidità dei cattolici della Margherita e il disinteresse colpevole di Rifondazione Comunista. Tutto questo è comunque alle nostre spalle, ma le macerie non sono state rimosse, la collettività lgbt italiana vaga ancora incredula raminga e solitaria, nell’indifferenza sociale, acuita dall’attuale fase drammatica economica. Bisogna, quindi, essere onesti, e ricostruire su basi assolutamente nuove un movimento d’opinione sui diritti civili, forse allora le attuali nuove generazioni gay potranno sperare. In fondo ora tocca a loro, da vere protagoniste, non farsi affascinare dalla demagogia dei grandi orizzonti ideali, e rimettere in circolo proposte e azioni concrete, comprensibili e attuabili, affinché anche loro non subiscano ciò che nell’oggi stiamo tutte e tutti provando sulla nostra pelle: disarmata rabbia.
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