Salvini: i rom? Raderli al suolo.
Il carroccio cavalca il malessere sociale. Obbiettivo diventare il primo partito di destra.
Di Aurelio Mancuso. Conache del garantista ed 09/04/2014
La campagna delle elezioni regionali della Lega può regalare a Matteo Salvini un risultato abbondantemente sopra alla soglia delle due cifre. Nei sondaggi il movimento oscilla tra il 13 al 16 per cento dei voti, un aumento sostanzialmente dovuto a un espandersi del consenso anche in regioni fino ad oggi ritenute inespugnabili. La povertà, che ha desertificato molti dei sentimenti di solidarietà tra la popolazione più esposta dalla lunga crisi, favorisce l’attecchirsi dello slogan “prima gli italiani”, evoluzione de “padroni a casa nostra”, quando questo significava che i “buoni” padani dovevano comandare nel nord e, non i “cattivi” terroni che occupavano i posti pubblici e aumentavano la criminalità e il lassismo. Da qualsiasi lato lo si voglia prendere il razzismo è un’arma efficacissima, quando è usata con sapienza, la giusta dose di arroganza mediatica, coccolata da schiere di intrattenitori dei talk show. Dentro il fenomeno Salvini, come sempre a torto liquidato dalla sinistra elitaria, risiedono un coacervo di calcoli elettorali e progetti politici di medio periodo, molto accorti. Il capo della Lega sa benissimo che è altamente improbabile che diventi presidente del Consiglio, ma è consapevole che la sua destra, si può evolvere passando dalla xenofobia spicciola al nazionalismo anti imperialista europeo, per poi contribuire alla ridefinizione del campo liberista conservatore. Per ora il Matteo da Giussano, accoglie strumentalmente i gruppi dell’estrema destra, ma che per vie scompositive e aggregative punta all’insuccesso di un nuovo soggetto moderato. Il trionfo di Sarkozy nelle recenti dipartimentali francesi, la buonissima affermazione della Le Pen, raccontano della mutazione in atto dei conservatori in tutto il continente e oltre oceano.
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